Per presentare Pietracqua

 

 

 

Perché un artista possa dialogare con uno scrittore occorrono condizioni di lavoro favorevoli. È necessario, per prima cosa, condividere una spinta ideale, una modalità d’intenti quanto alle opzioni estetiche e stilistiche generalmente intese. Soprattutto quando il dialogo diventa trialogo. Giulia, Loredana ed io abbiamo, sono convinto, i requisiti necessari per lavorare insieme, come dimostrano le plaquettes realizzate a due o a tre, ognuno a partire dal proprio sistema di segni: il visivo e il verbale. Basterebbe forse l’empatia, in vista di tale obiettivo, una Stimmung che certo non necessita di premesse teoriche, poiché la si avverte nel sottinteso, forse nell’inconscio.

Nel nostro caso le motivazioni fondamentali per creare in ‘armoniosa alleanza’ sono molteplici: la fuga da una certa nozione di realismo al fine di individuarne uno di carattere alternativo e complesso, tra figuratività e astrazione, spiccato attaccamento al sensibile e fughe ex-statiche. Inoltre la priorità riservata agli elementi primi o archetipi, diciamo a una visione meta-temporale della natura, còlta nella sua dimensione costitutiva elementare, ma allo stesso tempo allegorica e simbolica, in grado cioè di riflettere gli stati profondi dell’anima. E quando alludo agli archetipi, non mi riferisco ai modelli relativamente statici di un Jung o di un Guénon. Immagino piuttosto archetipi fluidi e dinamici, come si ravvisa nei moti ondulatori e policromatici di Loredana, o nella proliferazione stellare, atomistica, di Giulia.

Nelle loro opere, credo anche nella mia, dati primari come pietra e acqua si fondono, attraggono o confliggono in uno scenario squisitamente metamorfico, dove l’alto e il basso, il lontano o il vicino si danno di continuo il cambio, come se ci trovassimo in un teatro alchemico (v. la mia poesia allusivamente alchemica Ibisco in orifiamma). Tutto ciò per giungere a soluzioni formali volte a trascendere gli stessi dati, sottoponendo la mente e l’occhio a un progressivo esercizio di messa alla prova. E con la consapevolezza che i conti con l’irraggiungibile, l’utopica meta auspicata, non terminano mai. Il tutto senza ricorrere a supporti ideologici, a tesi precostituite. Lasciando semplicemente scorrere segni e cose nel loro flusso (Gelassenheit), con il proposito di inscriverli nell’instabile armonia, o diciamo pure nell’enigma dell’universo.

 

 

Gilberto Isella

PIETRACQUA POESIA DI GILBERTO ISELLA

5 inchiostro di china cm 25 x 27 su carta di Giulia Napoleone

 

a. " Furono l'acqua, la pietra, la cifra dell'oro " 

 

b. " Il gabbiano / proietta figure naturali "

 

c. " Meduse festose strabordanti" 

 

d. ." Da bocca marmorea a forma di tempietto "

 

e " Anatomia irrispettosa " 

 

 

PIETRACQUA POESIA DI GILBERTO ISELLA

5 inchiostri monotipi su carta a mano cm 22 x 22 di Loredana Müller.

 

a. " Da un litorale all'altro " 2022 inchiostri monotipi su carta a mano 

 

b. " La Valva vuota aspira " 2022 inchiostri monotipi su carta a mano 

 

c. " Sillabari strapieni di sinapsi " 2022 inchiostri monotipi su carta a mano

 

d. " Non c'é tregua per le mutazioni " 2022 inchiostri monotipi su carta a mano

 

 

e ." Ibisco in Orifiamma " 2022 inchiostri monotipi su carta a mano

P i e t r a c q u a

per Giulia e Loredana

di Gilberto Isella 

 

 

 

 

 

Furono l’acqua, la pietra, la cifra dell’oro

fu il collante che tiene unite

le rive all’idea

 

Ma perché ora il tutto

dal tutto si separa?

 

Circondando per anni

quel medesimo scoglio marino

con il sole a precipizio sulle vele,

deglutendo l’isteria dei tornadi

e il fiato grosso dei tonni

sotto un bompresso sempre uguale,

è la mente a stabilire

e perdere

il perimetro del mare

 

E così il tutto

diserta se stesso

o stremato si raccoglie

nel sonno di un flutto

 

 

 

 

 

 

Ibisco in orifiamma,

remo d’alabastro lo sospinge

verso ciò che di un raggio rimane

 

Batuffolo dai fili rossi

fuoriuscente dal mare

quando il primo inchiostro

scrive il giorno

e si perde nel suo sangue

 

Sguardo d’argento desolato

che tracima dal lambicco

 

L’alchimista

si era rotto la bocca

nel soffiarvi fiamma nera

 

 

 

 

 

 

 

Il gabbiano

proietta figure naturali

sullo scheletro celeste,

in giravolte il becco

tasta con voluttà

le anche a saliscendi

delle onde

 

Sterno di terra si solleva

di fianco alla sua rada

dove un’alga neonata

si nasconde

se non cede ai mulinelli

che sono lì per risucchiarla

 

Ciò ch’era in basso allora

sbalza e ardisce: ossicini

risplendono lassù, l’alga

è felice, attorcigliata

a una scapola di stella

 

Poi con gesto soave

la porta via una rotula

che negli alti flussi beccheggia

 

Sospeso a un intervallo

gode il gabbiano

 

 

 

 

 

 

 

 

Da un litorale all’altro

iride conduce iride

per varchi e fenditure

ma presto la sequenza

incontra il lemma foce

 

Noi non siamo

che maldestri fattorini

sulla soglia della luce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anatomia irrispettosa

insegna il manuale degli scogli

mentre l’acqua si cuce alla bestia

 

Ombre femminee, sciupio grigio

nell’insaziabile postribolo dei polpi

che hanno nèi podalici in testa

e palpebre lunghe rimbalzanti

su crespe gonne marine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sillabari strapieni di sinapsi

ospiti del mare che oscillano

come bocche briache

quando un’onda gestante

prosperosa

torna intonsa

al suo addome di basalto

primordiale

 

Oppure sfocia

in quella cripta guardona

di lacci e contrappesi

che ci segregò un giorno

nel più corallino esilio

prima che ai gorghi

rilasciassimo orme astrali

o impronte sanguinanti

di martirio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Meduse festose strabordanti

s’inanellano ai raggi lunari

dentro il notturno

bacino smarginato

 

A percepire i flutti

resta solo il periscopio

che si rilassa

in un sommergibile

color seppia

tra tonfi di falesie

e cremagliere d’acqua

al termine

di un laborioso amplesso

con le nuvole

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non c’è tregua per le mutazioni,

funicelle d’oblio vaganti

intorno a strisce di falso gesso,

l’aria cremolata

che s’infiltra nelle mani

e in ante scure le converte,

criniere in vortici, vortici

in visiere, faldoni sbeccati

di lontanissime sponde

dietro il cielo

 

Basterà al nostro viaggio

un remo d’acciaio

che urti stami salmastri

solcando l’enorme

giardino di caligine

e un àlbatro stregato

che poi lo scuota

sotto l’epa del sole

quasi volesse

suscitare una danza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da bocca marmorea a forma di tempietto

l’indicibile si sporge

 

Spande aria vergine e fredda

dentro la gola della luna

caduta sul terriccio

come pietra muta e senza rive

 

Come madre impassibile

dimentica d’ogni acqua d’amore

che dal silenzio uterino

nuovi divieti accolga

 

L’interdetto non dice né detta

eppure

sui nostri occhi accartocciati scrive

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La valva vuota aspira

al suo numero

aureo disperso

mentre scorge

la schiuma ambiziosa

che il pesceluna stacca

da un orizzonte basso

scuotendo il frontone

di un’onda perplessa

accanto

al tempio lagunare

che la invoca a lungo

ma non dura

 

Così la parola quando accosta

trincee millenarie di natura

 

[Quasi una fin de partie

da quotidiano eco-ludo

o l’eco sommessa

 

di un referente escluso]

Pensieri di Giulia Napoleone:

 

L'affinità che mi lega a Loredana ci permette di lavorare a distanza sullo stesso tema:

in realtà è un modo di annullare le distanze:

Distanze tra luoghi e soprattutto di tempi.

 

Sappiamo bene che il nostro intento non è illustrare le parole di uno scrittore; come sosteneva Bontempelli, un artista non deve attaccarsi  ai fatti e alle parole del narrato, ma deve rendere conto delle emozioni che la lettura suscita.

 

I lavori su Pietracqua sono stati un percorso entusiasmante e breve, carico di risvolti, il rischio di perdersi o dimenticare le parole, le immagini. Preludio e sintesi per Pietracarta.

 

 

 

 

OROGENESI

 

IL BUIO E LA PIETRA

 

IL FIORE TRASFORMA 

LA PIETRA IN ACQUA

IN RITMO E COLORE

 

DISTOGLIE DALLE DISTANZE

 

QUALE RISPETTO DEL TEMPO CREATURALE?

 

QUALE DURATA?

 

ALCHIMIA COME PIETRA FILOSOFALE, TRASFORMARSI , TRASFORMAR IL SENSO DI OGNI  AZIONE, GESTO PENSIERO, GESTAZIONE

 

QUALE PAROLA? QUELLA CHE RICONOSCIAMO NELLA SOLITUDINE,.

 

VADO VERSO DOVE VENGO

 

PANGEA

 

MISTERO

 

SENSI - SENSO

 

L'EVOLUZIONE CREATRICE

 

L'IDEA FISSA