i quadri ad olio di Enrico Della Torre di Rosa Pierno

 

 

 

Non è solo l’integrazione tra gli ordini del geometrico e dell’organico che Enrico Della Torre persegue, ma gli appartengono anche la sperimentazione in campo informale e materico, a dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che per i grandi artisti il proprio campo d’azione, è esattamente quello delineato dalla necessità dell’espressione, senza altri confini teorici o limitazioni esterne. Le tele, spesso incollate su tela, e dipinte ad olio mostrano, nelle geometriche partizioni della superficie, un trattamento a craquelé e un altro a colpi di pennello, dal libero arioso andamento, effettuato con nuance delicatissime e a pennello quasi asciutto, al fine di far sentire la matericità del pigmento.

 

 

 

Se volessimo farci afferrare dal demone dell’analogia potremmo dire che è un mare che ha assorbito le caratteristiche del terreno desertico e che il cielo è una tavoletta di cera sulla quale deporre segni che svelano attraverso il gesto la psicologia umana. Ma non prendendo tale via, la quale resta percorribile come un’opportunità sempre disponibile, è ancora la geometria, e coniugata alla topologia, a fare di quest’opera un luogo nel quale elementi e attività umana - gestualità, ragione ed emozione - ci riconducono alla pittura, senza passare per i concetti di meta-pittura. Una tale stringatezza di mezzi e apertura sul dominio del fare pittorico può essere solo il frutto di una, non raggiunta, ma superata, maestria.

 

 

 

La geometria in arte non è affatto equivalente a quella euclidea in quanto pertiene a una verifica e sperimentazione dei rapporti interni alla superficie pittorica. Ciò che è in gioco è lo studio dei pesi, delle relazioni, delle forze che agiscono sul piano, in relazione alle sue dimensioni. Ecco perché quattro linee verdi su fondo nero delineano rettangoli che i due ulteriori rettangoli non riquadrati incredibilmente equilibrano. Va da sé che è un equilibrio del tutto psicologico, che la superficie racchiusa dalle due aree non è equivalente, ma è la loro disposizione a conseguire quella sensazione di equilibrio che ci fa considerare le nostre facoltà come risorse aggiuntive ed invero irrinunciabili: portare alla luce tale evidenza è sempre stato uno dei presupposti della vera arte.

 

 

 

Lo studio delle forme individuate da linee o campite a tinte piatte si avvale del colore in quanto esso ha un’accezione del tutto personale in Della Torre: le campiture sono sempre prive di sfumature. Il colore pieno è un fondamento, è qualcosa di altrettanto stabile che la forma e ha una sua componente attiva che rientra nei pondi agenti all’interno dell’opera. Un rettangolo giallo intenso pesa di più di uno più grande, ma più chiaro. Velature, le quali lasciano trasparire il colore sottostante, indicano che la sostanza è espunta dal quadro, che si gioca sul solo terreno della forma. La forma dunque fa riferimento alla pura astrazione, nell’opera, la quale agisce costantemente come un meccanismo complesso che non accetta di perdere nessun elemento utile al processo dialettico. Stiamo utilizzando spesso metafore che appartengono all’ordine del verbale con il preciso intento di illuminare la complessità dell’opera individuata attraverso i suoi aspetti emergenti. Ciò che, inoltre, dà conto della complessità delle cose è, appunto, ciò che determina anche l’altezza delle opere qui presentate. Nella semplicità estrema la complessità pulsa e ci raggiunge direttamente, arpionando la nostra totale partecipazione.

 

 

 

Gli elementi formali che, dunque, paiono emergere analogicamente, (e qui ritorniamo alla nostra iniziale osservazione), una superficie acquorea, la costa, cime o case che siano, o un bruco che cammina sulla corteccia di un albero, non hanno solo lo scopo di testimoniare che il rapporto con il reale è non recidibile: essi mostrano pur anche il miracolo che una rappresentazione geometrica sortisce quando sia immessa nella natura. La definizione, avendo perso tutti i suoi dettagli, vuole, restando aperta, garantire la visibilità dei processi mentali che il pittore mette in atto, facendoci immaginare che cosa vuol dire vedere per dipingere.

 

 

 

In mostra oltre alle opere a pastello e a collage, vi è una nutrita presenza di libri d’artista che Enrico Della Torre ha prodotto nella sua carriera artistica. In mostra sono esposti libri e cartelle che datano 1983, giungendo fino ai nostri giorni. L’elenco nutritissimo delle più importanti personalità poetiche del Novecento contempla, a partire da Tommaso Landolfi, i seguenti nomi: Guido Ballo, Ezra Pound, Giuseppe Ungaretti, Alberto Nessi, Vittorio Sereni, Miklos N. Varga, Roberto Sanesi, Biagio Martin, Maurizio Cucchi, Maurizio Medaglia, Clemente Rebora, William Carlos Williams, Marisa Vescovo, Franco Loi, Dante Isella, Vittorio Cozzoli, Donata Berra, Wang Ying Lin, Gilberto Isella, Sandro Boccardi, a testimonianza dell’interesse vivo dell’artista per la poesia. Da codesti libri la poesia si diffonde, provenendo sia dalle incisioni sia dai testi, suggellando un connubio di rara efficacia.