AZIONE CULTURA

 

Gianni Paris, Senza titolo, 2017

 

L’essenzialità di Gianni Paris

 

Ricordo di un importante artista che ha fatto della sottrazione la propria cifra espressiva

 

/ 05.11.2018
di Eliana Bernasconi

 

È scomparso agli inizi dell’anno in corso un artista del Ticino il cui sorprendente spessore e valore artistico non ha certo, al momento attuale, ottenuto il riconoscimento che meriterebbe. Nel multiforme panorama dell’arte contemporanea, e a maggior ragione di quella a noi prossima sul territorio, la scoperta dell’opera di Gianni Paris, al di là di ogni retorica, rappresenta un incontro prezioso, raro e unico. Lo vogliamo qui sottolineare perché Paris, (1948-2018) giurassiano di origine, vissuto tra la Svizzera interna inizialmente e Tremona-Melano-Milano di seguito, era artista schivo e riservato che dopo gli studi a Brera ha proseguito con rigore estremo e coerenza la sua ricerca nell’atelier di Melano, rifuggendo da facili esibizioni della sua opera come raramente oggi vediamo, e che a volte possono rendere difficile l’obiettività di un giudizio sereno.

 

Esistono nel mondo dell’arte affinità elettive basate su comuni Weltangschauungen, su visioni poetiche simili che accomunano tra loro gruppi di artisti, come succede del resto nei normali rapporti personali. Il Centro culturale e artistico Areapangeart, di Loredana Müller e Gabriele Donadini, da tre anni attivo a Camorino, era un luogo congeniale per Paris, e nel 2015 aveva ospitato la mostra personale Pittura in pagina. Sull’opera di Paris poco si è scritto, è al momento in preparazione, grazie al consenso di Veronica Paris e dei figli Giacomo e Rachele, la pubblicazione di un quaderno-catalogo dedicato alla sua opera, con introduzione di Maria Will, testi della letterata e critica d’arte Rosa Pierno, e scatti fotografici delle sue opere e del suo studio di Lorenzo Pellegrini, mentre recente, sempre ad Areapangeart, è stata l’ultima esposizione delle sue opere In carta e in tela, con intervento poetico di Antonio Rossi e suoni in sala di Luciano Zampar.

 

Per descrivere queste sue ultime opere ci serviamo delle parole di Maria Will, estraendole da La bellezza dell’illusorietà nell’opera di Gianni Paris edizioni Topik, minimateca 3 del 2016: «Bella di una bellezza palpitante, sentimentalmente seducente eppure enigmatica e inafferrabile, la pittura di Gianni Paris è anzitutto pittura che si nutre di pittura. Le sue stesure, la sua materia, che hanno sontuosità antiche ma pure glabra essenzialità di segno, non potrebbero essere tali se non ci fosse la comprensione profonda, l’amore più devoto per i tanti che hanno aperto vie, indicato possibili varchi nel fondale illusorio del visibile». Will accosta qui la sua pittura a quella di un Giorgio Morandi o di un Julius Bissier, pittori del silenzio. Rosa Pierno, docente universitaria di Roma, accosta invece le opere di Paris ad alcune incisioni a maniera nera di Goya.

 

Sono davvero molte le istanze espressive contenute nell’opera di questo artista: occorre tenerne conto per avvicinarsi a un’arte dalle radici molto profonde che confluiscono però in sempre spiazzanti nuove immagini aperte. In primo luogo Paris fu creatore e ideatore di una tecnica assolutamente unica e personale, di una perizia estrema di cui si serviva per aprire nuove dimensioni, attraverso tale procedimento il rapporto tra segno e matericità, la loro interazione sulla quale sempre lavorava si faceva stile personale, apriva spazi mai percorsi prima di impressionanti potenzialità espressive.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nelle sue ultime opere, piccole tele di identico formato del 2014, 16 e 17, la pittura a olio viene quasi prosciugata, disseccata, trattata comunque togliendo la parte più oleosa e grassa della materia, conservando quasi soltanto il pigmento, con risultati di rara e sapiente asciuttezza e rastremazione cromatica. Paris lavorava anche su piccole carte a pastello grasso, graffite e inchiostro che tolgono il fiato per la loro raffinatezza e leggerezza. In queste opere puoi intravvedere a volte corpi, a volte figure o tronchi, e a volte l’allusione alla terra da cui si nasce, figure sorgono e spariscono come quelle che Leonardo scorgeva nei muri.

 

Un altro aspetto contenuto nella sua opera è il pensiero del tempo che la pervade sempre con una sorta di moto circolare, lo vediamo nel ricorso alla forma-libro in una dimensione che è quasi diaristica, o nel ricorso all’invenzione e sperimentazione di una scrittura illeggibile ed ermetica su pagine consunte alternate ad altre che seguono le regole del libro tipografico.

 

E da ultimo segnaliamo un altro aspetto sorprendentemente attuale in questo artista: la sua assonanza con l’estetica della riduzione porta a percepire infatti nella sua opera un’essenzialità di derivazione orientale, qualcosa di estraneo quindi alla nostra cultura contemporanea, ma che proprio per questo si fa valore universale senza tempo.