Ringrazio Paolo Di Capua e Giovanni Lauricella,

 

Loredana Müller che assieme a Veronica Paris hanno co-curato e allestito l'esposizione.

 


 

Gianni Paris. Pittura in silenzio, alla galleria Hyunnart studio di Roma

 

Pubblicato Lunedì, 28 Settembre 2020 20:36

 

Giovanni Lauricella

 

 

 

 

 

Mi capita spesso di vedere mostre che lasciano il tempo che trovano perché prevedibili o perché di cose già viste anche se non copiate. Raramente resto assorto nel guardare delle opere che mi suscitano un trasporto interiore verso un'altra dimensione: questo mi è accaduto alla mostra di Gianni Paris (1948 Wängi in Turgovia CH.-2018 Melano, Ticino) nella galleria Hyunnart studio.

 

Entrando negli ampi spazi espositivi noti che i quadri non sono grandi: ti devi avvicinare per vederli, e già questo impone un atteggiamento di maggiore attenzione da parte dello spettatore verso dipinti su carta di 28x19 cm o di 70x47 cm circa, che intervallano le bianche pareti della galleria.

 

Dipinti eseguiti con passione da un pittore scomparso da poco, circa un anno, che viveva nel Ticino, in Svizzera, lontano dai frastuoni cittadini.

 

Questa mancanza di disturbi sonori corrisponde perfettamente al titolo dato alla mostra: “Pittura in silenzio”. Infatti, sono pennellate date in un luogo isolato nello studio svizzero, nell’atelier di Melano, vicino Mendrisio, dove, solitario e con perizia, il pittore Gianni Paris stende il colore senza dargli consistenza ma in modo che esso trovi nella fantasia di chi guarda la forma giusta.

 

Scenari nebulosi, fatti di colori tenui, che delicatamente giacciono sulla carta come se fossero apparizioni di forme imprecise, da identificare, da interpretare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Trovi anche alcune carte che hanno i colori pestati dal senso drammatico ma sempre con passaggi tenui e con una debole luce. Egli ritrae in serie aspetti del paesaggio alpino, prediligendo non la pienezza solare, ma le nebbie e le nuvole, che danno al paesaggio stesso una valenza drammatica, che ben si confà alla meditazione.

 

Pittura meditata, dunque, di un pittore che, come un eremita moderno, cerca nell’indefinito l’opera da realizzare; una ricerca che non si esaurisce e continua di opera in opera.

 

Gianni Paris ci ha lasciato e queste opere sono come orme di uno scrupoloso vivere da pittore.

 

Mi scuso con i giovani artisti ma è un genere di pittura in via d’estinzione, così come si è conclusa la vita terrena per lo stesso autore. Genere nobile ormai anacronistico; troppo tempo per meditare particolari colori ed accurate pennellate, un’ esecuzione che richiede disponibilità e continuità nell’impegno. Un tempo lento che attualmente non è compatibile con il concitato stress al quale siamo attualmente sottoposti.

 

Abusando della storia dell’arte, potremmo dire che Gianni Paris, sentimentalmente parlando, è come un divisionista che si appartava nelle campagne montane per dipingere la natura o un William Turner o un Mark Rothko alla scoperta del nuovo colore; non ha peraltro niente d’antico e di comparabile al passato, anzi il processo di elaborazione cromatica lo rende originale e figlio del suo tempo.

 

Tengo anche a rimarcare l’estrema tristezza della pittura di Gianni Paris e anche una certa freddezza, atmosfere che risentono della natia Svizzera, nelle quali sono state create. Se Cy Twombly non avesse dipinto nello studio che aveva a Gaeta, gli sarebbero mancati quei colori solari, quella lucentezza cristallina tipica del mare, quella vivacità e calore umano che prepotentemente emanavano i suoi quadri; analogamente in Paris c’è tutta la malinconia tipica del suo paese montano e del suo impietoso.

 

Detto questo, reputo molto interessanti le parole che Rosa Pierno ha dedicato all’artista, un testo che rivela l’anima profonda e che fa conoscere bene la pittura di Gianni Paris, di cui riporto una frase che sento molto toccante: Vedere per dipingere, in un'immota sospensione, dalla quale scaturisce, quasi per contrappeso, il moto dal quale ogni cosa origina.

 

Altra mostra nella mostra sono i libri dipinti che ha realizzato Gianni Paris, dove rivela ancora di più quell’atteggiamento meditativo intimo e profondo tipico della sua pittura. Un tema che meriterebbe ulteriori approfondimenti, ma che è un ulteriore invito a vedere la mostra in galleria, unica e migliore possibilità per conoscere meglio il grande artista, da poco scomparso a soli 70 anni.

 

 

 

 

 

Gianni Paris. Pittura in silenzio Hyunnart studio 26-9 al 30-10-2020 viale Manzoni, 85/87 Roma

 

DI SEGUITO: GIANNI PARIS ESPOSTO AD AREAPANGEART 2015-2017-2019

COME A ROMA ALLESTITO DA LOREDANA MÜLLER 

 

 

 

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L'immagine può contenere: persone sedute e spazio al chiuso

Il laboratorio sul segno e sul colore con Loredana Müller lo amiamo particolarmente perché avrà un andamento inedito. Incomincerà il sabato pomeriggio con l'immersione nell'opera di un artista che le fu Amico e che in questa mostra è ricordato: Gianni Paris.

Loredana ci guiderà negli spazi di HYUNNART STUDIO attraverso l'esposizione di cui è co-curatrice, assieme al titolare dello studio Paolo Di Capua e alla vedova Veronica Paris. Ripercorrendo gesti e gestazione del pittore per entrare così nella sua opera.

PITTURA IN SILENZIO
presso hyunnart studio, viale Manzoni 85/86, Roma.

"Vedere per dipingere, in un'immota sospensione, dalla quale scaturisce, quasi per contrappeso, il moto dal quale ogni cosa origina" (Rosa Pierno).

La prima esposizione in areapangeart, dedicata a Gianni Paris risale al 2015 dal titolo, PITTURA IN PAGINA, presentata allora da Maria Will critico d'arte. E Gianni era presente.

 

Nel 2018 una nuova pagina, curata dalla sottoscritta, e nuova occasione, che farà essere partecipe Gianni. Paris solo nel momento ideativo, nel frattempo è venuto a mancare nel gennaio del 2018.

Si era nello studio di Gianni Paris a decidere, lui voleva che fossi la curatrice di questa sua esposizione dopo due anni dalla prima che avevo comunque allestito. Si erano decise le ultime piccole tele, con quel valore pregnante quell'assolutezza del suo lavoro, quella dimensione quasi diaristica, che da sempre l'accompagnava, rigorosa e di coerenza ineccepibile, oserei dire asciutta, pregna del valore della terra, dissolta in parte nell'animo del colore. Umile costante di luce perchè provocata, scelta nel sottrarre e ridurre, in una dimensione operativa costante, ritirata, eppure fiamma viva, quale era.

Gli piaceva dire "Non Vediamo le cose come sono ma le vediamo come siamo" citando una frase di Anaïs Nin...autrice statunitense dell'inizio del 900.

 

L'esposizione di allora titolava IN CARTA E IN TELA fu presentata dal poeta Antonio Rossi,

in accordo con lo stesso Gianni per ridurre parola. Ci ved seguire anche le sue volontà,

" magie liberate dalla menzogna di dire verità" ( citando Adorno) tra grafite e segno, senso pulsante, ambiguità d'ogni superficie. Materia viva che non possiamo disperdere, ma piuttosto colmare nelle sue intensità e conseguentemente riconoscerle; e accorti dovremmo essere, con le graduali valenze tra luce e luce, ombra e luce e quel buio a volte necessario. Perchè "parla di noi e di qualche cosa d'altro ancora". ( cit. Guido Strazza)

 

E come di consueto anche in questa occasione del 26 settembre 2020, in virtù di una " lezione in galleria", partiremo leggendo senso e segno come continua  cucitura, segno come  cifra della visione-interpretazione- iter, e itinerario interiore . Per incontrare e scontrarsi, ricercando punti significativi e inerenti alla nostra persona, e al ricercar temi, tra parole stimolo, evocative e frastornanti.; per accedere al senso e al Sè. Ed è IL SILENZIO DELLA PITTURA che si dichiarerà necessario, sarà scelta prima di ogni ricerca, perchè processo d'ascolto .

 

PITTURA IN SILENZIO è il titolo nato per l'esposizione romana inaugurata il 26 settembre, ma che ha radici lontane, il testo in catalogo è di Rosa Pierno, con cui curai anche la Biennale del Libro d'artista a Camorino dedicata a Gianni Paris e Josef Weiss.

Allora furono esposti libri di grande formato per intenderci come soglia e porta unita , e rilegate come Bibbie, e Tomi incredibili, sulle pagine olii e grafite e oli asciutti e monocromi cuciti-uniti di cui  Gianni era  autore incredibile. Avvicinati allora a libri d'arte e d'autore, edizioni affiancate a quelle realizzate unicamente da Gianni  Paris altre nate tra Gianni e Josef Weiss  rilegate  da Weiss. Collaborazioni tra me e l'editore e artisti come Giulia Napoleone e Guido Strazza e ancora  Paola Fonticoli, Dina Moretti, Elisabetta Diamanti, me medesima con testi di Ada Donati o di Pietro Montorfani, Rosa Pierno, Philippe Jaccottet e altri ancora.

 

L'esposizioe a Roma si sognava come seguito, doveva avvenire in marzo di questo stesso anno e toccava opere a parete e libri d'arte unici.

 

L'allestimento in quest'ultima occasione è curato assieme a Veronica Paris la vedova, e accolto  e ringrazio, da chi pressiede lo spazio, Paolo Di Capua, che ha dato carta bianca sul finire con fiducia e quella passione che lo contraddistingue, passione e sensibilità, attento a sua volta alla pittura di Paris..

 

Ho voluta inserire la visita all'esposizione e "lezione" in questa breve tappa didattica tutta romana, tappa legata alla pedagogia, per un gruppo d'insegnati e laureati e laureandi...che ora ho in parte incontrato grazie a Laura Bartoletti. Del gruppo dell'Arca nel Bosco, persone e luogo incantevoli.

 

Mi è sembrata una partenza possibile, perchè di segno e di pittura si tratta e così era un tratto tutto da cogliere sulla dimensione perseverata da Gianni Paris. Consapevole che attorno al "di segno" e "di pittura " ci sono molti punti di vista che ancora oggi, sommano e sottraggono azione ed esperienza.

Ma ci sono anche molti altri nidi e "focolai", del porsi, ed è per questo che difendo le tecniche pittoriche lì dove sono gesto e conoscenza primaria della materia stessa e del corpo come fattore animato in "prima linea". Si arriva al concetto solo dopo, o meglio nutrendolo e le " idee" ne sono ancelle o muse e avviano il mistero-mestiere, il magistero magia d'ogni se' Contrappongono il pieno al vuoto, divengono fatto cosmogonico-cosmologico. Memoria forse ancestrale, sicuro collettiva, anche archetipa se raggiungono i valori simbolici.

 

Abbiamo quindi toccato in modo un poco l'asciuttezza del pittore Gianni Paris, la sua sintesi, seppur nulla parla di geometria euclidea, è un'altra misura quella toccata dal pittore Ticinese/ Svizzero.

La sua coerenza é dimensione in umiltà, é pregnante per la sua scelta di terra e di sintesi. Coscente come era della storia della pittura lì nei suoi impasti e colori, e vocazioni e splendori, con un nulla "materico" sospinto , arato, é materia come   porzione di mondo. Genera paesaggio ma non enfatico e nemmeno "realista" piuttosto arido e fatto di gesti e gestazione antica. Un passaggio di soglia individuata. Una digestione visiva, e vicina ad un Goya prima e  ed ad un Morandi, ai pittori del silenzio come direbbe Maria Will. Un Julius Bissier per esempio; lì dove si riinventa codici tra segno e scrittura, colore e goccia raccolta e moto di segno..Ma come  visibili anche il non finito di Michelangelo, o cromature di Tiziano...

 

A Nemi siamo partiti dalla grafite su carta, e da un rametto come  pretesto  iniziale,  direzione, orientamento dello sguardo. E questi esercizi li abbiamo svolti generando più momenti, e per attuarli abbiamo pensato alla sezione di un rametto, e a quel cerchio che tanto parla di un individuazione necessaria e all'individuazione. Ed è stato un assaggiare le possibilità della grafite, alcune possibilità. Dalla libertà in piena pagina di percorso e svolgimento linea-segno, a considerare grazie a questi sei spazi generati con sei cerchi, un taglio di mondo particolare. Lì il rametto ha cominciato a danzare, le sue evoluzioni sono state da principio generate sottraendo dal buio generato con grafite e superficie totalmente caricata di segno...ed ecco lì muoversi l'apertura della luce come se fosse un sottrarre  che appartiene alla scultura. Provando le saturazioni diverse e quei grigi che ci parlano di valore e intensità della luce ed'ogni profondità indagata con lo sguardo e riconosciuta dall'occhio e resa possibile dal gesto e dalla mano. E sul finire il riconoscere grammatura della grafite e peso e leggerezza di un gesto anche grazie alla gomma, diviene  piccola genesi " formale".

 

Diverse direzioni un poco simili per tutti i partecipanti, fondo più chiaro intervento ad ombra o a macchia che si propaga cercando i limiti interni o esterni. Segni a mettere o a togliere, sempre per segnare il valore della compresenza. Sempre per sottolineare che va rigenerato contesto, aria, pieno e vuoto, unione e sottrazione, tensione, per giungere un poco come per ogni esperienza, la pagina diviene luogo di vicende, contesti e caducità.

 

Nel pomeriggio inoltrato erano le 15...abbiamo intrapreso un breve viaggio nel colore. Poche le terre, e qualche ossido in polvere, e la scelta è stata di attuare un temperone. Una tempera facilissima, adatta anche ai bimbi semplicemente con caseina. Non è tra le tempere più nobili, ma fissndola già è diverso. Comunque  non é luminosa nemmeno brillante, ha una sua luce però affascinante, così impoveriti siamo di cromie di natura, dei sui umori, di cui siamo parte integrante.

 

Colore come scelta e  limite; come necessità, perchè il colore ha tante leggi, e tante riserbe, appare quello che non è, e  per essere devi creargli una situazione tonale, d'amicizie, di ascolti rivelati generando equilibri. E le luminosità ti sorprendono come ad esempio gli aloni simultaneii, contrasti determinati da quanti, da proporzioni e relazioni continue di tono, tocco e superficie, trasparenze,siamo nella pittura, e si raggiunge anche praticando il segno-senso.

 

Assomiglia all'impossibilità il colore, c'é chi lo crede apparente, certo è faccenda d'illusione e visione, ma esso è tessuto d'anima e appartiene alle primarie costatazioni che possiamo fare dall'interno all'esterno;  al caldo e al freddo come all'ombra e alla luce, forse, dal buio dell'inconscio, al viaggio come risorsa interiore.. É un unione alchemica che viene pretesa, si tempera con il calore del gesto e si riconosce mestica e cromia come valore generato. Perché appunto diviene opera che ha durata diviene traccia del tempo. Intesa come rispetto

al "tempio "  terra.

 

Una  breve raccolta di foglie autunnali, e di ricci di castagno ancora in stato germinale, hanno trasposto la grafite ad una volontà iniziale di esercizio con il colore, dove dalla tavolozza si voleva raggiungere il segno come direzione e tensione. Ma il tempo è tiranno, e il pennello ha suscitato inizialmente altro, il piacere di trovare impasto e nuovo colore, un poco hanno determinato un flusso da non fermare, e quindi ho un poco arenato il mio stimolare, ognuna nel momento era come assorta.

 

Allora ho sotteso mete, che poi mai vanno poste e i fogli sono stati un poco impiegati per un esercizio che è sembrato infinito e inutile, ma al suo interno ha quella misura che Paris insegna, era complicato asserirlo, perchè poi la visione gioca i suoi misteriosi rivoli, e i partecipanti un poco quello avevano negli occhi e spero ora a cuore...e sarà un lavoro lungo attendere e comprendere le propie visioni.

Lo scaricare...termine inadeguato ma rende l'idea, il far durare la variante e il sospingere colore, attuando già moti intrapresi e compresi per esempio con la grafite e comunque vicini al senso del segno che deve porsi e porgersi alla pagina con una continua volontà di tempo deposto, e qualità riconosciuta...Questo non è avvenuto, era uno scaricare tensione per i presenti...bene anche quello. Ma poi realizzare era altro, e leggevo proiezione, un poco ho tentato di sottrarla e ricondurla a gesto e a piccoli passi intuitivi...qualcosa è avvenuto;  Successivamente il tempo e la luce della sera han chiuso dimora all'occhio e disimpegnato possibilità.

 

Loredana

Ecco, con questo appuntamento una magia del passato si unirà al flusso del presente. Conosco Loredana dai tempi della maturità, da quanto tempo non ci incontriamo? Ma sempre il suo gesto ha lasciato un segno in me, portandomi per prima alle soglie di un mondo non ordinario di cui fino ai miei diciotto anni ignoravo l'esistenza. Per sempre grata e ora felice di ospitarti all'Arca. Laura Bartoletti