LELAMINED'ORO
Le lamine d’oro orfiche estratto da:
Istruzioni per il viaggio oltremondano degli iniziati greci
A cura di Giovanni Pugliese Carratelli
Biblioteca Adelphi
A partire dalla prima metà dell’Ottocento, e fino ad anni recenti,
sono state rinvenute, in vari sepolcri della Magna Grecia,
di Creta e della Tessaglia, alcune sottilissime lamine d’oro,
databili fra il IV e il II secolo a.C.recano le «istruzioni destinate
a guidare nel suo itinerario oltremondano l’anima che è stata
debitamente iniziata a una dottrina misterica».
Giovanni Pugliese Carratelli avanza l’ipotesi che gran parte di queste iscrizioni, finora
«genericamente classificate come documenti dell’orfismo»,
siano intimamente legate alla scuola di Pitagora.
Se l’elemento comune a tutte le lamine, infatti, è la speranza di ottenere la salvezza
da ulteriori esperienze esistenziali, evocano Mnemosyne,
la madre delle Muse, dea preposta alla memoria: colei che, unica, è in grado di sottrarre
l’iniziato all’oblio connesso al ciclo di nascite e morti, e di fargli attingere
la consapevolezza della propria origine, urania prima che terrena.
Giacché gli uomini, nati dalle ceneri dei Titani (folgorati da Zeus per essersi cibati delle carni di Dioniso Zagreus),
sono costretti a espiare quel primo atto di hybris – e al tessuto
di sofferenze che è la vita sfuggiranno soltanto,come insegnano appunto i Pitagorici,
in virtù della filosofia (che non è altro che la somma delle esperienze intellettuali a cui presiedono le Muse)
e delle iniziazioni misteriche. «Affine a questa pitagorica appare la dottrina che nel medesimo
tempo in cui si svolgeva nella Magna Grecia il magistero di Pitagora
si esprimeva in India nella predicazione del Buddha [il quale] indicava nella tensione intellettuale verso
il nirvana la liberazione dal reiterarsi delle esistenze prodotto dalla trsna, la sete (di vivere)».
LAMINE ORFICHE
traduzione di Vincenzo Guarracino
1.
Lamina di Hipponion (I A 1)
Luogo sacro a Mnemosyne, questo: appena in punto di morte
Andrai alle case ben fatte di Ade: vi è a destra
Una fonte, e accanto c’è un bianco cipresso.
Lì discendono per trarne ristoro le anime.
Ma non andare troppo presso alla fonte.
Più innanzi troverai l’acqua fredda che scorre
Dal lago di Mnemosyne: sopra stanno custodi
Che ti chiederanno cosa cerchi nelle tenebre di Ade.
Rispondi: “Sono figlio della Grave e del Cielo stellato.
Arso di sete mi muoio: su, datemi
Fredde acque dal lago di Mnemosyne”.
Ed essi saranno pietosi per volere dell’infero dio
E ti daranno l’acqua del lago di Mnemosyne.
E quando tu avrai bevuto ti metterai sulla strada
Dove avanzano iniziati e seguaci di Dioniso.
COLOPHON ATTORNO ALLE LAMINE D'ORO interpretazione su due lastre di zinco di LOREDANA MÜLLER
su traduzioni generate da VINCENZO GUARRACINO Pagine incise a punzone e a puntasecca
stampate a colori generati dall'orto dall'autrice in XXII copie firmate dagli
autori.
VINCENZO GUARRACINO poeta, saggista e traduttore, è nato a Ceraso (Sa) nel 1948 e risiede a Como.
Ha pubblicato tre raccolte di versi: Gli gnomi del verso, 1979 Paradiso delle api, 1984, Dieci inverni, 1990.
Ha curato numerose traduzioni di autori greci e latini, tra cui I versi aurei di Pitagora, i Carmi di Catullo,
I canti spirituali di Ildegarda di Bingen, 1997 inoltre le antologie dei Lirici greci, 1991, e dei Poeti latini, 1993.
Come critico ha dedicato le sue attenzioni soprattutto a Verga e Leopardi. Al di là del sogno e dell’illusione, forse il senso vero dell’esistenza, che
“solo a un dono somiglia”, non c’è che “la vita alle spalle di attese e di nulla”. In questo pessimismo leopardiano, rischiarato
dalla bellezza dell’illusione e dal piacere della immersione nella natura madre, mi pare si possa vedere la chiave di lettura di Vincenzo Guarracino.
(mnemosyne)