Sergej Roic, svizzero di origini croate, è scrittore e giornalista culturale. Attivo nel PEN Club della Svizzera Italiana e appassionato di tennistavolo. Ha pubblicato due raccolte di racconti e tre romanzi: Il gioco del mondo/ Achille nella terra di nessuno (2012), Omaggio a Paul Klee (2013) e Vorrei che tu fossi qui (2017).

 

 

 

Una serata ad areapangeart assieme a Sergej Roic, presentato da Gilberto Isella. Attorno al linguaggio come necessità di segno, colmo di visioni, dalla polifonia al principio antropico, dall'artista all'avere un padre. Un romanzo costruito in modo tripartitico per la prima metà e duale nella seconda parte di svolgimento. Da anima a punto omega. Dalla paleontologia all'antropologia, dalla filosofia del Logos alla memoria profonda. Esistere ed il segno il linguaggio come metafora d'ogni idea, d'ogni pensiero fattosi universo; o verso umano perfettibile?
" Vorrei che tu fossi qui "
E ringrazio Lore

 

 

Il padre giace sul tavolo della cucina. Ha la bocca storta. Gli occhi, che nessuno si è ricordato di chiudere, fissano il soffitto. Lo hanno trovato nel cortile, vicino al pozzo, che fissava il vuoto. Gli hanno chiesto e non ha risposto. Lo hanno portato nel tinello, lo hanno messo sul tavolo, non potevano chiamare il medico: è lui il medico del villaggio. E ora, passando in rassegna il volto scarno, la camicia aperta sul petto, la cinghia, i pantaloni, dietro la punta delle scarpe il ragazzo folle di vita vede in faccia la morte. […] Ricorda il padre, e ora sa che è stato un padre buono, comprensivo e giusto: in un solo momento, questo, il ragazzo che non pensa a niente e non sa niente ha imparato tutto e ora sa tutto. Non farà mai più uno scherzo, non correrà mai più sopra le lisce lastre di pietra del selciato del porto. Ha tredici anni ed è un uomo, un adulto.

 

 

 

(Il gioco del mondo)

 

 

Vorrei che tu fossi qui. Wish you were here

 

 

Sesto San Giovanni, Mimesis, 2017.

 

Quella umana è l’unica intelligenza dell’universo? La professoressa californiana Rosa Rogers lo sostiene a Canberra, in Australia, citando il principio antropico. Trent’anni prima Miloš Ostojić le aveva svelato il significato dell’immagine dell’elefante meridionale che 35.000 anni fa popolava Europa e Asia Minore: è il caposaldo della memoria collettiva che innerva il progredire dell’intelligenza naturale.

 

(dalla presentazione del libro, Mimesis )

 

 

Omaggio a Paul Klee

 

Prefazione di Daniel de Roulet, Rovereto, Zandonai, 2014.

 

All’alba di una limpida giornata di settembre un giovane ingegnere indiano si getta nelle acque di un lago svizzero e annega. Nel suo zaino viene ritrovato uno schizzo del celebre quadro Ein Kind träumt sich di Paul Klee. Si tratta di un suicidio o piuttosto della tragica conclusione della caccia all’uomo di cui è stato vittima?

 

Con un romanzo di stringente attualità Roić si addentra nelle logiche che governano ogni recrudescenza razzista e nazionalista – persino nella Svizzera dell’abbondanza e della tolleranza - auspicando una forte reazione sociale e un ripensamento della nostra dimensione collettiva. Ma Omaggio a Paul Klee non è soltanto un romanzo di denuncia e racchiude una coraggiosa proposta di ispirazione messianica: e se il web si facesse davvero luogo di sperimentazione e nucleo propulsore per una nuova forma di socialità?

 

(presentazione del libro: Zandonai)

 

 

 

 

Il gioco del mondo

 

Lugano, Opera nuova, 2012.

 

Il gioco del mondo di Sergej Roić e un romanzo breve che, nel ripercorrere la vita di Ahil Dujmović, detto Achille, da conto della storia della Jugoslavia moderna come se fosse un tragico gioco. Il padre di Achille, un medico, avrebbe voluto giocare a calcio. Il figlio nasce dotato e determinato. La giovinezza in Bosnia, dove il padre esercita la professione in un paese di montagna, e costellata dei primi successi sportivi del prodigioso piccolo principe. All'età di quindici anni, Achille esordisce nella serie A. A diciassette fa gia parte della squadra nazionale del suo Paese, nel momento in cui questo si spacca dando avvio a una guerra fratricida...

 

(Dalla presentazione del libro)

 

 

Ahil-Achille, «eroe-calciatore», è il protagonista di una storia – la sua e quella della sua famiglia: padre croato, madre serba, un’infanzia in Bosnia – che attraversa un'epoca cruciale per l'ex-Jugoslavia, appena prima e durante la guerra. Il romanzo è diviso in sei quadri, a loro volta suddivisi in «immagini» e aperti sempre da tre paragrafi che definiscono tre concetti filosofici a fare da filo rosso a una narrazione di non sempre immediata lettura. Ma le numerose voci, i personaggi sempre in movimento e i diversi piani temporali – tenuti insieme dall'uso quasi esclusivo del presente – fanno trapelare urgenza e fame di vita.

 

(Roberta Deambrosi, «Viceversa Letteratura», n. 7, 2013)

 

 

Spero che il lettore di _Tabù _o colui che si avvicina all'italicità non cada nella consueta trappola di considerare un'idea che si propone positiva, come lo è senz'altro quella italica, come tentativo di dimostrare la superiorità di un popolo o di un'idea di fronte ad altri popoli e ad altre idee. L'italicità è una comunità di sentimento, un modo e forse anche un metodo per aprirsi alla vita e ai suoi valori più umani: bellezza, buon gusto, buon vivere, arte, pace. La nota un po' polemica che si può cogliere nel romanzo l'ho ricavata da un articolo della NZZ di qualche anno fa quando un corrispondente della testata zurighese commentò una conferenza tenutasi in città sull'Umanesimo latino. Il commento era arrogante: adesso anche i latini ci insegnano come vivere. L'italicità, direi, suggerisce che c'è un modo di vivere e di rapportarsi fra le persone più diretto e migliore rispetto all'efficientismo che a volte sconfina nell'aridità che si può cogliere nelle cittadelle del potere finanziario svizzero oppure in alcune delle peggiori nemesi del modo di pensare germanico. Per quel che concerne il generale romano Galba, si tratta invece di una battuta. Galba, nelle cronistorie di Tacito, viene dipinto come colui che tutti credevano il più adatto a governare, se non avesse governato veramente. Da qui il Galba “pacifico e capace”, tutto il contrario del Galba storico, sconfitto e incapace di unire Roma.