Remo Beretta parla di Massimo Cavalli
Fare del visibile cosa scritta, e al contempo fare
della scrittura sguardo.
G.I.
La dinamizzazione dell’immagine specie in forme portanti date da sviluppi di tratti per lo più circolari, o comunque curviformi, da metà Anni ’60. In Ritmico, 1966: serrato, avvitante, materia dura; i colori, timbrici, coincidenti con i tratti strutturanti, continui-sincopati: trasparenza da vetrata più nitidamente distribuita che p.es. in Paesaggio, 1961, in cui l’effetto vetrata è dato per agglomerazioni cromatiche, violenti sbrenzoli gialli fanno profondità al fondo cupo. In Composizione, 1977, asole abrase, spesse e piatte, fanno come un’immagine su parete. In Composizione, 1976, superficie liscia, spessori per monocromo graduato, tesi semicerchi come incisi chiudono un corpo non in movimento, ma definito esso stesso da movimenti bloccanti. Le forme circolari collegantisi ma non fluenti in Composizione, 1974, dure e come schiacciate in superficie, muovono e chiudono. I neroverdi, contenuti nelle strutture circolari, anche contraddicendole. Ma dentro Cavalli non il groviglio né il vortice.
[…]
Negli Anni ’70 – il naturalismo del tutto alle spalle anche in pittura (la parola, sempre nel senso più generico) -, l’immagine di Cavalli è riconosciuta, all’esame, “dialettica”. Le “energie logiche e tettoniche della vita” “guideranno” in Cavalli “la complessa sintassi strutturale” nelle “invenzioni più recenti”. (Gilardoni, 1978). È da supporre che non si intenda una sintassi determinata, ma una sorta di omologia tra tali energie e tale sintassi. “Rapporto attivo nei riguardi della natura”, “tensione tra realtà e astrazione”; “carattere dinamico dell’immagine”, “sintesi di una dinamica insita nella natura”, la “selezione costante” garantita da “segni simbolici” istituzionalizzati”: il cerchio e la verticale. (Volonterio, 1975).
da Massimo Cavalli, All’insegna del pesce d’oro, Milano, 1986.
La monotonia apparente, e viceversa punto per punto la complessa differenziazione dei temi (e dei segni). La monotonia è l’analogia di fondo, a un secondo livello. Ricerca “oscurissima” (Cavalli) , che arriva” all’immagine. Spinta-tensione a specifica chiarezza. L’immagine dà conferma del suo farsi: la mano che guida, anche nel lacerato, a moto non preordinato, e insieme assecondante un “pensiero” ricorrente, per cui i fatti che accadono sulla lastra, amministrati, danno l’immagine (sintesi) finale.
Nell’immagine, le costanti e le variabili più o meno in ricorso, con anticipi e rimandi da sequenza a sequenza e nell’ultima fase in suites, una delle caratteristiche del percorso; oltre che da periodo a periodo.
da Appunti per l’incisione di Cavalli, in Cavalli, pagine d’Arte, 1996.
il 20 settembre 2017 di mercoledi, Massimo Cavalli firma la cartella che Josef Weiss ha realizzato. Nella foto Massimo Cavalli Antonio Rossi e Josef Weiss. Foto scattate da Giuliana Weiss (deceduto il 26 settembre 2017)
Massimo Cavalli (Locarno 1930)
Trascorre a Bellinzona infanzia e adolescenza. Dal 1949 al 1954 si forma a Milano, all’Accademia di Brera, sotto la guida di Aldo Carpi, il cui assistente Italo Valenti ne apprezza le qualità. Le prime esposizioni personali si tengono in Ticino: nel 1957 al Circolo di cultura di Bellinzona, presentata da Giorgio Orelli; nel 1959 alla galleria del Negromante di Locarno, con presentazione di Virgilio Gilardoni. Dal 1960 al 1961 soggiorna all’Istituto svizzero di Roma; dal 1962 al 1980 ha il suo studio a Milano dove espone al Salone dell’Annunciata (1963) e alla Galleria del Milione (1967) – gli spazi che privilegiano la pittura informale. Vive di continuo il pendolarismo fra Milano e il Canton Ticino che negli Seite 1/4, http://www.sikart.ch anni ’60 gli riserva non poche amarezze per la committenza negata. Fra il 1965 e 1968 esegue alcune pitture murali per degli edifici pubblici in Ticino e undici vetrate per la Chiesa cristiana protestante di Milano. Dal 1974 al 1992 è insegnante di incisione presso il Centro scolastico industrie artistiche (CSIA) di Lugano. La sua ricca produzione grafica, tirata nell’Atelier Upiglio di Milano, è pubblicata dalle Edizioni Scheiwiller. Un fondo di suoi dipinti e stampe – presentato al Musée Jenisch a Vevey – è disposto in permanenza al Museo Villa dei Cedri di Bellinzona dal 1996. Capacità di sintesi e controllo mentale esercitati sull’immagine corrispondono a un’attitudine specifica della poetica di Cavalli, pittoreincisore bilingue. Il percorso resistente compiuto dall’artista, teso alla lucida definizione dell’immagine nel solco informale, si riassume in una risposta colta alla vitalità dell’istinto. Padronanza dello stile e controllo dell’emozione conferiscono un’originale tenuta all’immagine approntata dall’artista in linea evolutiva. Cavalli prende le mosse dall’esperienza del naturalismo informale di Ennio Morlotti, si interessa alla pittura di Gianfranco Fasce ma individua la sua sigla nelle esperienze di Nicholas De Staël, Jean Fautrier, Roger Bissière, Hans Hartung. L’immagine astratta di Cavalli, costruita nel dialogo fra pittura e incisione, rispecchia una compiuta identità fra tema e struttura: si dispone per suite sulla verticale e procede nel tempo per levare, alla ricerca di una misura essenziale, di speciale rigore formale – in costante perdita del suo referente naturale iniziale. A partire dagli anni ’80, in crescendo di lucidità, l’immagine frontale di Cavalli conosce una scrittura incisiva del segno; nella sua tonalità e colore in nero trova una magra consistenza materica; conferma infine la stretta connessione esistente fra i diversi linguaggi, insieme autonomi e correlati. Ora il discorso dell’artista si rispecchia nella figura retorica dell’ossimoro: che coniuga l’estrema differenza in immagini speculari: liriche/aspre, liquide/affilate; in neroluce, di segno inciso o dipinto. L’immagine spoglia di Cavalli, articolata in uno spazio mentale, ricompone il dissidio fra sottile vibrazione e forte impressione del segno.
Lunedi 2 dicembre alle ore 19 a Camorino, al centro culturale areapangeart
SEGNI E SCRITTURA PER MASSIMO CAVALLI
SERATA IN ACQUAPOETICA
Antonio
Rossi e Gilberto Isella leggeranno la propria poesia nata in dialogo con Massimo
AGHIFOGLI di Antonio Rossi 2017, edizione Josef Weiss
LICHENE O TERRA testo di Gilberto Isella 2000, Edizioni Fioroni Marche I.
Presenteranno alcuni inediti dedicati al pittore e incisore Massimo Cavalli, e si discuterà sulla pagina scritta in relazione alla pagina incisa; lì nel dialogo e nella dimensione misteriosa che innescano avvicinandosi.
"Fare del visibile cosa scritta, e al contempo fare della scrittura sguardo"
Gilberto Isella è nato a Lugano nel 1943. Studia letteratura italiana e filosofia all’Università di Ginevra (tra i professori Jean Starobinski).
Dal 1968 al 1971 soggiorna a Milano. Collaboratore editoriale.Ha insegnato italiano al Liceo cantonale di Lugano (dal 1974 al 2003) e alla SUPSI. Membro di redazione della rivista di cultura Bloc notes, di cui è stato uno dei promotori nel 1979, e vice-presidente del Centro PEN della Svizzera italiana e retoromancia. Partecipa alle attività delle Edizioni Opera Nuova.Collabora con varie riviste svizzere ed estere. Come critico si occupa in particolare di poesia contemporanea e teoria letteraria: numerosi articoli e saggi pubblicati in riviste e miscellanee. Ha curato un’antologia degli scritti di Mario Marioni (Fogli vagabondi, G. Casagrande, 1994) e, con Tiziano Salari, l’antologia poetica Armageddon e dintorni di G.Ramella Bagneri (Insula, 2011). Ha tradotto dal francese Charles Racine, Jacques Dupin e Bernard Vargaftig. Numerose le collaborazioni con artisti ticinesi e italiani (libri d’arte, plaquettes, cataloghi), e con il regista cinematografico Adriano Kestenholz. Le ultime raccolte poetiche: Corridoio polare (Book, 2006), Taglio di mondo (Manni, 2007), Mappe in controluce (Book, 2011) e Variabili spessori (alla chiara fonte, 2011). Censuralbe, Milano, Il robot adorabile, (2012). Con tempere di Adalberto Borioli. Preludio e corrente per Antoni, Bellinzona, Salvioni Edizioni, (2012). Con incisioni di Loredana Müller Donadini. Caro aberrante fiore, Lugano, Edizioni Opera Nuova, (2013). Mobilune, Bellinzona, Salvioni Edizioni, (2015). Con incisioni di Loredana Müller. Liturgia minore, Falloppio, Lietocolle, (2015). L'occhio piegato, Bologna, Book Editore, (2015). Prefazione di Vincenzo Guarracino. Acque aperte acque chiuse, [Milano], (2016). Con un'incisione di Adalberto Borioli. Berndard Vagaftig, Io scrivo ciò che è vivere, Lugano, ADV Publishing House, 2016. Traduzione e cura di Gilberto Isella. Gilberto Isella per Enrico Della Torre, Materie se non luci, Lugano, Pagine d'Arte, (2017) La memoria delle forme, [Mendrisio], Josef Weiss Editore, (2018). Con quattro disegni di Giulia Napoleone. Arepo, [Ro Ferrarese], Book Editore, (2018). Per il teatro ha scritto Messer Bianco vuole partire (alla chiara fonte, 2008). Con Loredana Müller ha creato i libretti d'arte Passato in frattali, pesce domestico, traffico metropolitano.
Antonio Rossi
È nato a Maroggia, nel 1952, è uno scrittore, traduttore e poeta svizzero-italiano.
Ha studiato Letteratura italiana all'Università di Friburgo (Svizzera) e all'Università di Firenze; ora insegna nel liceo cantonale di Mendrisio. La sua raccolta d'esordio, del 1979, è Ricognizioni, pubblicata da Casagrande, a Bellinzona. 2ª ed. 2001 Seguono Diafonie nel 1995 (Scheiwiller) e Sesterno nel 2005 (Book Editore), Glyphé, con acqueforti di Samuele Gabai, Mendrisio, ed. Stucchi, 1989. Diafonie, prefazione di Stefano Agosti, Milano, Scheiwiller, 1995. Sesterno, Castel Maggiore (Bologna), Book Editore, 2005.
Traduzioni :Le rime di Serafino Aquilano in musica, a cura di Antonio Rossi e Giuseppina La Face Bianconi, Firenze, Olschki, 1999. Robert Walser, Poesie, traduzione di Antonio Rossi, Bellinzona, Casagrande, 2000 2a ed 2019. Serafino Aquilano, Strambotti, a cura di Antonio Rossi, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo - Guanda, 2002 e Bulzoni 2005. Leggenda di Paul Wühr Galleria Mazzoli, 2015 . L'uomo flutuante di Jean Flaminien Book Editore 2016.