A cura e allestita da Loredana Müller.

Entrambe le artiste abbracciano in dialogo il corpo della mostra: NIDI NODI TEMPORALI, dove è certa una sorta di intrecciata verità, come lacerti-lacinie di moti interiori non sempre lineari , tensioni direzionali, masse e matasse o moti segnici diversi che si tessono, annodano, sormontano... generando smagliature lì nei nodi o nei solchi di possibili trame e orditi. Lasciando vuoti e nuove aperture. Roman Jakobson*, ci direbbe quanto nella poesia la “non identità tra il segno e il suo referente” abbia un suo senso e senno, … per evitare che la percezione della realtà si inaridisca. Per concludere proprio in virtù di tale “liberazione” del gesto manuale, e del “segno” come materia, possiamo ri-partire per “esplorare” mondi migliori è quello che l'arte dovrebbe augurare ... Lore

NIDI E NODI TEMPORALI. Michela Torricelli e Loredana Müller

Testo di Gaia Ferrini (maggio 2022)

 

Il lavoro di Michela Torricelli e Loredana Müller attende il momento migliore per compiersi; dalla terra ricava le proprie materie prime, rispettandone le necessità e i cicli, scorrendo in accordo con il tempo. Quest’ultimo è scandito dalle progressive schiariture dei diversi passaggi al torchio; è indispensabile al raggiungimento della temperatura adeguata alla cottura dell’argilla refrattaria; è insito nel gesto istintivo che nasce e prende forma in un preciso momento, con il grès o sulla carta. Il tempo si cela nei minerali dell’argilla, nei metalli delle lastre da incisione, nella materia inorganica nata e mutata con la terra, e che con essa vive e sopravviverà a noi.

L’attuale ricerca di Michela Torricelli si muove verso un ritorno all’origine, al colombino, atto ceramico primitivo, che qui diviene puro segno, puro significante. Schiacciato e svincolato dal suo ruolo strutturale è libero di muoversi, intrecciarsi e combinarsi in infiniti grovigli, con livelli di complessità diversi. Come nidi, le sue opere sono in grado di autosostenersi, in un’impalcatura di tratti senza alcuna affrancatura imposta; gli elementi cooperano, si compenetrano perfettamente, gli uni sorreggono gli altri e mantengono saldo l’intero sistema. Il nido accoglie senza costringere, contiene senza serrare; è sinonimo di origine, casa, affetti, è un luogo sicuro e intimo nel quale rifugiarsi. Così, le opere di Michela Torricelli sono accoglienti, avvolgono e si contorcono, in un gioco di pieni e vuoti che consente alla luce di attraversarli, generando ombre mutevoli.

Superfici concave e convesse permettono di concepire i nidi-nodi tanto come forme a tutto tondo, spaziali, quanto come intrecci appoggiabili a parete; pur mantenendo una certa autonomia, le singole sculture intessono relazioni le une con le altre, all’apparenza simili ma infinitamente diverse. Le argille refrattarie, naturalmente pigmentate di rosso, ocra, nero, bianco e rosa, sorreggono i tocchi delle opere di Loredana Müller; certi profili contorti ne intensificano alcuni tratti, così come certe pennellate danno slancio alle forme in grès. I lavori si sostentano l’uno con l’altro, spingono l’occhio a rintracciare le medesime forme per analogia e a soffermarsi su cromie similari.

Allo stesso tempo, sulla carta dei monotipi si compie un atto vitale: nebulose, moti irrequieti, segni convulsi, stranamente familiari ma allo stesso tempo impenetrabili, si mischiano agli inchiostri autoprodotti, ogni volta con valori tonali appena diversi. In alcuni di essi l’incavo si fa più profondo, l’intreccio più fitto, il tratto deciso intesse la propria libera trama. Un bagliore diffuso sembra provenire dall’interno, propagarsi a partire dai solchi dell’incisione. Tale luminosità è senza dubbio data anche dell’uso massivo dell’inchiostro giallo, protagonista, in sottofondo, anche delle due grandi tavole. La superficie di queste ultime vive di grinze e dislivelli della carta di iris e riso che vi è applicata, pelle movimentata e vissuta; la finitura a tempera all’uovo – nella grande opera quadrata – o ad olio – in quella romboidale – dona poi gradi di lucentezza lievemente diversi.

D’altra parte, i nidi-nodi di Michela Torricelli abitano due momenti diversi: i suoi segni sembrano parlare una lingua antica, ma al contempo vivono di quella spontaneità tipica dell’infanzia, difficile da replicare consapevolmente. Accanto, si giustappongono i tratti organici che da sempre trovano spazio nelle opere di Loredana Müller, nella consapevolezza di come le stesse strutture naturali si ripropongano ciclicamente, dall’infinitamente piccolo all’immensamente grande, dal vegetale al minerale.

E così si dipana la matassa in sagome liquide che sembrano parlare di pietra e acqua, tanto nell’acquatinta nero-blu, la cui lastra è tagliata in forma ovoidale, tanto nella corazza conchiliacea delle tre porcellane di Michela Torricelli, unicum nell’esposizione, poste in un punto appartato al piano terra. Nella saletta, piccole sculture tubolari nodose, come coralli, accompagnano alcune incisioni circolari; brevi intrecci densi in nero e rosso, solidi e corposi, fanno da contrappunto alle smagliature delle forme fluide, ritorte e allungate.

Le opere presentate si alimentano vicendevolmente, in un arricchente dialogo che, ancor prima dell’affinità artistica, è lo specchio dell’amicizia che unisce le due donne. Michela Torricelli e Loredana Müller parlano di legami, stretti o cedevoli, di intrecci che durano nel tempo e che da esso derivano; raccontano della spinta e di quel moto interno, direzionato e direzionabile, che fa vivere l’arte e che nell’arte vive.


Areapangeart - NIDI E NODI TEMPORALI

9 maggio - 30 giugno 2022

 


*Gian Luigi Beccaria— L'autonomia del significante. Figure del ritmo e della sintassi: Dante, Pascoli, D'Annunzio. Torino, Einaudi, 1975. Pp. 357. Il Beccaria afferma di non aver voluto «preparare uno studio teorico», anche se ammette che i testi illustrati nel libro sono assunti come «campioni esemplari di un problema unico» (p. 4), che si rivela poi non solo e non tanto l'autonomia del significante, ma, più in generale, la struttura del linguaggio poetico. Dalle sottili

 

analisi testuali, che offrono approdi sicuri e prospettive stimolanti per lo studio della poesia di Dante, Pascoli, D'Annunzio e del Novecento, e più direttamente dall'Introduzione e preliminari e dall'ampio saggio Significante ritmico e signifícato emerge un'articolata prospettiva teorica, oltre che metodologica, che si definisce attraverso un fitto dialogo (informatissimo, come attesta la ricca bibliografia conclusiva) con le proposte più notevoli degli studi di stilistica, poetica, metricologia italiani e stranieri: dall'elaborazione teorica dei formalisti russi, alla critica stilistica, ai più recenti sviluppi in senso strutturalistico e semiologico. Jakobson e Lotman, Contini e Terracini, per dare qualche esempio «in positivo», e, su una linea di netta differenziazione, la teoria e la prassi d'ascendenza idealistica, cui, senza misconoscere la validità di esiti parti-colari, il Beccaria rimprovera di fermarsi a un'analisi che pertiene soltanto al meccanismo psicologico dell'emozione del critico-lettore davanti a un verso «bello» (p. 83). Scopo della ricerca non è la «grammatica» jakobsoniana del verso, volta a isolare le invarianti del linguaggio poetico, ma una «stilistica» del verso, che tenga conto «di quanto nel linguaggio poetico è esperienza, azione, mestiere, tradizione» (p. 6). L'attenzione s'appunta sul ritmo («uno dei significanti», ma anche l'elemento costruttivo portante del discorso in versi), inteso nell'accezione più ampia «che abbraccia la totalità dei fenomeni fonici e sintattici», gli «elementi di relazione», come metro e sintassi, e quelli «qualitativi», come allitterazione, timbro, rima (p. 3). Prevale tuttavia, in pratica, l'analisi di questi ultimi, mentre più in ombra, a parte l'attenzione rivolta a certe figure sintattico-versali e al Yenjambement, restano i problemi relativi agli schemi metrici e alla strutturazione strofica. Il libro accoglie saggi scritti in epoche diverse (oltre quello citato, due danteschi, Allitterazioni dantesche e L'autonomia del significante. Figure dantesche, due pascoliani, Quando prevale il significante e Compromessi tra significanti-, e Figure ritmico-sintattiche nella prosa dannunziana), ritoccati o anche ampiamente rimaneggiati in una nuova progettazione unitaria. Resta tuttavia qualche oscillazione nell'esposizione teorica, cui gioverebbe una concentrazione più rigorosa.Gian Luigi Beccaria — L'autonomia del significante. Figure del ritmo e della sintassi: Dante, Pascoli, D'Annunzio