Comunicato stampa

" IL TEMPO DELLA MATERIA ANIMATA " ad areapangeart di Camorino

 

Il prossimo 5 settembre alle ore 19.00, al centro culturale Areapangeart di Camorino inaugura l'esposizione "Il tempo della materia animata". Curata e allestita da Loredana Müller, presenterà quattro artisti che operano sulla materia come metafora del tempo e dell'anima. I suoni in sala saranno generati appositamente da Claudio Farinone, un testo critico, scritto dalla giovanissima Gaia Ferrini, sarà presente in sala espositiva. Gli artisti scelti per questa particolare esposizione, in dialogo, sono:

Aldo Ambrosini classe 1942, di Varese, è un artista la cui opera mette in scena il dramma umano, un esistenzialismo dai segni neri alla Franz Kline, o vicino a un De Kooning, e amante di Rothko e di Jules Bissier. Mettendo insieme il linguaggio gestuale e quello figurato (o "figulino d'ombre"), Ambrosini è memore del '300 italiano dei San Sebastiano e delle Crocifissioni coniugati con la più recente ricerca gestuale, come il simbolo-pugno di Mandela per esempio. Sono segni neri, antropomorfici, che ricordano Hartung e un certo espressionismo americano. L’artista utilizza prevalentemente carte veline dipinte e segnate da entrambi i lati in varie sovrapposizioni, una ricerca impalpabile eppure gravosa e disperata. Sono i neri profondi, a tempera, a prendere il sopravvento, ma anche delicati grigi, e sudari di cromie quasi pop.

Bruno Tosi, di Albenga, nato nel 1951, è un artista che lavora nel luganese, ed ha esposto spesso in Italia, in Ticino, alla Galleria Pangeart di Bellinzona e alla Galleria L'Angolo di Mendrisio, con personali e collettive in luoghi pubblici e privati. Ultimamente, esperienza importante, una personale ai giardini di Spoerri, in Toscana. È arte povera la sua, materiali come tela, stoffa, cartone, corde e tanti altri elementi poveri, rifiutate rimanenze della nostra società suburbana o urbana che sia. Materie lacerate, impoverite, corrose dal tempo, riguadagnano posto o luogo nel riciclo, nel recupero e nell'invenzione formale unita all'attenzione delle cromie, in una sfida tra colore/non colore, collature, assemblaggi e ricerca spaziale e dimensionale. Protagonista è la materia usata, che l’artista incontra, raccoglie e assembla, redime e innalza; rigenerandola essa acquista un altro respiro di natura sacrale.

La più giovane Linda Fontanelli di Firenze, del 1978, situa la sua ricerca tra materiali quali le pelli o le cortecce, prediligendo il legno, il cuoio, e ultimamente la ceramica. Allieva per tre anni in Areapangeart, dove utilizza la carta e le tecniche pittoriche, diviene prima assistente nel piccolo centro, poi fotografa ufficiale di Areapangeart. Ricca di esperienze di studio tra Italia (la sua Firenze) e Svizzera, di esperienze lavorative a Zurigo, è ora impegnata più che mai nella didattica. Opera spesso con il fuoco, con punte di pirografo, con la temperatura del forno ceramico. Una piccola lotta la sua, tra soffio vitale, manipolazione, atti espressivi e registrazioni sensibili. Tramite segni ripetitivi, continui, che non hanno argine, interviene su cuoi (il padre lavora la pelletteria) legni, o, con smalti, su cortecce. In questa esposizione ci sorprenderà con le sue ultime sculture in ceramica, “Funghi d'albero” li chiama, forme dai moti increspati ed esponenziali.

Per concludere e chiudere il quadrato, poiché sono quattro gli artisti in Areapangeart,

Loredana Müller classe 1964, che con il compagno Gabriele Donadini dirige il centro culturale, ha da lungo tempo avviato una ricerca artistica in cui emerge la dimensione trasformativa del fare, un dialogo serrato tra segno e materia, colore e forma fino all’emersione del senso; l’arte è trasformazione continua, creazione di valore che sfida il tempo, la durata, è ricerca che diventa tessuto dell’essere.Protagonista, da sempre, è la carta, poi gli inchiostri o i pastelli che l’artista genera autonomamente dagli ossidi minerali che raccoglie trasformandoli in gamme cromatiche. Due saranno le opere in sala espositiva, i pastelli " Ferita alata" e "Fuga in Egitto". Nella cameretta in fondo alla sala espositiva si potranno osservare le carte nate da petali e fiori macerati, che riemergono come impronte-tracce linfatiche tra i succhi degli inchiostri adoperati per il tessuto segnico, che rivivono e sostengono leggeri il motivo e il cuore della mostra.

Con questa esposizione si cerca di saldare i termini di materia e spirito alla grazia, alla sacralità come punto di partenza e di arrivo. Se abitiamo il corpo, che è tempio e materia, attraverso l’arte l’essere migra e abita sensibilmente in tutte le cose, cose che diventano presenza sensibile di una ricerca di qualità umana, di sopravvivenza creaturale, di rispetto e riconoscenza, di sentimento interiore del mondo.

Areapangeart come sua abitudine genera in dialogo e l'esposizione prevede quattro serate di approfondimento e riflessione assieme agli autori. Alle ore 19.00 dei lunedì seguenti:

Il 19 settembre gli stessi artisti si raccontano, moderati dalla Müller, tramite proiezioni e dichiarazioni poetiche.

Il 3 ottobre " Donna perché piangi?" ciclo sulla Dea Ferita di Werner Weick e Marilia Albanese

Il 17 ottobre il concerto di Claudio Farinone chitarra sola.

Il 31 ottobre si presenteranno le ultime edizioni nate in seno ad Areapangeart e il lavoro della scuola attorno, soprattutto, all'incisione. In saletta incontri oltre i quattro artisti già toccati, ci saranno prove e piccole edizioni delle allieve e degli allievi della scuola Areapangeart: Flavia Butti, Daniela Marcacci, Romana Keller e Claudio Sabbadini. (e.l.m.)

 

www.areapangeart.ch ai casgnò 11a 6528 Camorino-073380967-0918573979-loredanamuller@bluewin.ch

Il 31 ottobre si presenteranno le ultime edizioni nate in seno ad Areapangeart e il lavoro della scuola attorno, soprattutto, all'incisione. In saletta incontri oltre i quattro artisti già toccati, ci saranno prove e piccole edizioni di alcuni allievi della scuola Areapangeart:

1. Flavia Butti- 2.Daniela Marcacci- 3.Romana Keller-4.Claudio Sabbadini.

Parlare della scuola areapangeart, è un poco affrontarne la filosofia, il disegno sottostante al piccolo centro culturale. Promosso e animato da Loredana Müller e Gabriele Donadini, conta più spazi: oltre la sala espositiva, una saletta incontri, una cameretta per gli ospiti, e il laboratorio che detiene tutto sommato i sensi e il senso di appartenenza del luogo. Lo studio di Loredana, vive di periodi rivolti solo alla sua ricerca, ma durante l'anno scolastico, è frequentato da assidui partecipanti. Stanno attorno al segno-disegno, come agire strutturato, ma anche liberatorio, alle tecniche pittoriche, all'incisione. I praticanti, studenti o appassionati, sono docenti o artisti o provenienti da altre professioni, ebbene praticano; ed è la pratica che arricchisce di continui stimoli, comprende diverse possibilità tecniche in dialogo ai contenuti. Sono le arti applicate che hanno un corpo, che si sovrappone alla volontà individuale, e divengono tempo individualizzato. Le tecniche si nutrono, la ceramica come ogni materia, sono muse d'ogni trasformazione; continua oscillazione di quel fare ed essere visione e sensibilità. Educare la dimensione dialettica come continua domanda e non atto di compiacimento. Fabbricarsi carta e colori, scioglie l'atemporalità del fare visivo o pittorico, per giungere alla temporalità del senso come durata, della stratificazione come processo. In saletta incontri ecco presenti quattro allievi impegnati nell'incisione:

Flavia Butti, Daniela Marcacci, Romana Keller e Claudio Sabbadini.

 

In ordine di arrivo e di frequentazione negli anni. Dove la dimensione rituale della didattica, l'intensità pretesa dalle iniziali letture analitiche,( qui solo qualche esempio) il viaggio da intraprendere con le tecniche, parte dalla grafite. Si arriva a incidere una lastra di metallo. Affrontarne le possibilità dirette indirette, il chiaro oscuro come il colore, comprenderne le alchimie. Loredana nelle sue lezioni è sempre presente e attiva, per una serie di problemi logistici e di spazio, a studio, stampa e determina spesso l'arrivo delle opere sulla carta di cotone dei suoi allievi, alimenta e rende sovrana l'inchiostrazione. Per sostenere lo svolgimento preteso e spesso colmo di articolazioni ampie, oggi poco abbracciate, come continuo lavorio e svolgimento sui temi dati o portati, e sulla durata effettiva e necessaria per eseguire la propria opera. Per esprimersi e generare viatico leale e concreto. Opere esposte: Seme di Loto (2) - Piume e Perla (1) - Melagrano e Ramo di pianta grassa secca (3), Frutti Baccelli di origine esotica (4). Sono pretesti e muse per fare e guardare. É quel generare sguardo per amplificarne un oltre, espressivo e sostenuto con auree e qualità dei processi per giungere al pensiero, all'idea come esecuzione viva della propria tensione; fare bene e toccare senso e bellezza. Loredana

 

Aldo Ambrosini,è nato nel 1942 a Varese, dove tutt’ora lavora e risiede.

La sua attività espositiva inizia nel 1965 e, dopo la frequentazione di corsi di pittura ed affresco all’Accademia di Brera e alla Scuola d’Arte del Castello Sforzesco, perfeziona il proprio percorso di apprendistato collaborando con amici artisti. Si occupa di scenografie. Nella sua pluridecennale carriera, ha partecipato a varie collettive e ha realizzato numerose esposizioni personali in prestigiosi luoghi;

In Romagna a Casa Rossini nel 2008, la personale “Approdi e Naufragi” svoltasi nel novembre 2015 a Sesto Calende. ...

 

 

 Linda Fontanelli, è nata a Firenze nel 1978. Dopo gli studi presso l’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana, il diploma di laurea in pittura, con tesi in incisione, all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 2006 risiede in Svizzera. Inizialmente a Zurigo per insegnare Discipline Pittoriche nel Liceo artistico italo-svizzero Freudeberg. Ha lavorato presso lo studio del ceramista Stefan Jakob. Dal 2009 in Ticino segue corsi di incisione e tecniche pittoriche con le artiste Giulia Napoleone e Loredana Müller. A Giubiasco 2017 nasce l'atelier munito di forno e tornio, approfondisce la tecnica della ceramica. Collabora al Museo Villa dei Cedri per la Mediazione Culturale e laboratori didattici per le scuole. Insegna materie artistiche al CSIA di Lugano.

 

 

 

 Loredana Müller è nata a Mendrisio nel 1964, studia allo CSIA, segue le lezioni di M. Cavalli e M. Huber, tra grafica e arti applicate. Con una borsa di studio, si licenzia in pittura nel 1988 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, ove frequenta i corsi di E. Brunori e G. Strazza. È pittrice, incisore, ceramista. Apre la Galleria Pangeart (2002-2006) a Bellinzona. Cura le cartelle calcografiche Omaggi e confronti. Avvia nel 2006 la Scuola areapangeart di Arti Applicate a Camorino. Dal 2010 al 2015 hanno luogo numerose esposizioni di pittura e d'incisione calcografica. Nel 2015 apre col compagno Gabriele Donadini il centro culturale areapangeart, ne cura le esposizioni, tra omaggi e dialoghi. Organizza incontri di poesia, letteratura, musica e cinema, sempre in relazione con le esposizioni curate. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private in Italia, Romania, Svizzera, Francia e Germania.

 

 

 

 

Bruno Tosi è nato ad Albenga nel 1951. Dal 1971 vive e lavora a Lugano, città della famiglia paterna. Dal 1974 inizia la sua attività artistica partecipando a numerose esposizione personali e collettive. Diverse esposizioni in Italia ed in Svizzera, alla galleria Pangeart di Bellinzona, alla sala municipale di Camorino, come alla Fondazione Il Giardino di Daniel Spoerri. Scrive di lui, Claudio Nembrini, Spoerri e L.Müller.

 

 

 

Aldo Ambrosini o della pittura fragile

12 Febbraio 2008

 

 

Davanti ad un suo lavoro

"Artista è solo chi trova da una soluzione un'enigma". Se lo porta nel taschino, Aldo Ambrosini, questo aforisma di Karl Krauss. Per lui, altro vecchio leone dell'arte varesina, giunto quasi alla soglia dei settanta, non dimostrati, e assolutamente stemperati nella pratica quotidiana davanti ai colori, difficile dire quale sia l'enigma. Forse ancora il canone irraggiungibile della bellezza, di un giusto ritmo, di un modello che, valido ieri, oggi è drammaticamente fuori moda e fuori contesto.

Da dove viene il tuo lavoro, da cosa parte?
"Dall'espressionismo astratto, sicuramente. Da Franz Kline, da De Kooning, da Rothko, da Jules Bissier. Ma anche in parte da Schifano e dalla Pop Art. Da giovane il gesto di Franz Kline per me era un qualcosa di monumentale, era l'idea del gesto liberatorio. Ho imparato a conoscerli grazie ad alcuni insegnanti antiaccademici che ci aprivano all'arte astratta; ma non a quella razionale, ma a quella che, europea o americana, aveva in comune un origine quasi orientale, di pienezza sensoriale".

Cosa ti ricordi in particolare di quel clima all'inizio degli anni sessanta?
"Se volevi essere moderno dovevi disprezzare il Novecento italiano, inteso come buona pittura classica, Carrà piuttosto che Sironi, che oggi al contrario ritengo tra i più grandi artisti del secolo. Vivevamo piuttosto di altri miti che poi con il tempo si sono ridimensionati se non crollati del tutto".

Già da quel periodo però ti sei accostato alla figura.
"Attraverso la Pop Art e attraverso Schifano che in Italia arrivava sempre prima di tutti gli altri con le novità d'oltreoceano. Per noi fu la possibilità di reimpostare un discorso figurativo, secondo i dettami della 'Nuova figurazione': utilizzare l'oggetto in senso metalinguistico e non come i 'neofigurativi' che volevano invece riprendere una tradizionale pittura della realtà. Lavorando sulla figura, in particolare, con il tempo mi sono reso conto, che l'oggetto, la forma umana non erano più pretesti linguistici, ma il contenuto vero e unico del mio lavoro".

Le carte in studio

E hai maturato questo stile complesso, fatto di misura e casualità.
"Ho guardato al Quattrocento, al Cinquecento. Ho rimesso in campo la centralità dell'uomo. Ma credo che la mia pittura sia un ossimoro: avverto l'eredità dell'actiong painting e insieme il fascino fortissimo della pittura vascolare. In questo contrasto, in questo scontro cerco di muovermi".

Perché la pittura vascolare?
"Perché è una pittura fragile, che può rompersi. Mi piace la pittura modesta. Io uso solo carta velina che è estremamente delicata, umile, ma senza che venga meno la poesia. Ho cominciato ad utilizzarla cercando superfici che reagissero in maniera differente ai colori, al mio modo di dipingere poi ho capito che questo fragilità è proprio il significante del mio lavoro. Poi certo c'è l'aspetto formale della pittura, ma è quella la scelta fondamentale".

Da tanto tempo prosegui il tuo lavoro. Cos'è cambiato nel tuo approccio?
"Quello che non cambia è il desiderio di un 'parlar modesto', senza pulpiti o balconi. E' cambiato invece il sentimento. Ero più lirico anni fa, adesso mi rendo conto di essere più incattivito; ho perso quasi interesse per il colore, adesso bianco e nero".

Cosa intendi per parlar modesto?
"Penso ad epoche in cui l'arte poteva affermare declamando le proprie certezze e quella della società. Adesso stiamo rimettendo in discussione qualsiasi cosa, domina l'incertezza. L'arte non può più pretendere di avere una voce stentorea".

Secondo te l'artista ha un ruolo ben preciso nella società?
"Un ruolo…E' la società che ti impone un ruolo e te lo toglie. Sono convinto che la categoria dell'artista sia tra quelle da salvare perché forse in grado di prendere coscienza delle contraddizioni e delle criticità".

Ma sei convinto che l'artista sia ancora in grado di parlare alla società o sia non solo un parlar modesto ma anche al vento?
"Il momento è difficile. L'impressione è quella di muoversi come i primi cristiani nelle catacombe, come carbonari. Alla luce del sole è difficile che l'artista riesca ad aprir bocca. I vincitori adesso sono quelli che determinano le economie, nemmeno i politici".

Davanti ad un suo lavoro

Perché dipingi ancora?
"Perché si diventa monomaniaci, è quasi una dipendenza. Non la sento più come vocazione, quasi messianica, neanche per 'generosità'. Solo che dà ancora un senso alla mia vita".

Con una voglia uguale?
"Anzi, la voglia cresce. Più invecchio e più mi piace e mi diverto. Da giovane hai ambizioni, vivevo questo mestiere anche come un sacrificio e come una fatica anche fisica. Con gli anni e la pratica diventa tutto più lieve. Adesso per me non lavorare alla domenica, per esempio, è frustrante".

E' stato un limite stare tutta la vita in provincia?
"Non è un limite alla possibilità della mente, ma certo chi come me ha sempre vissuto a Varese o in altri situazioni simili ha avuto molte poche possibilità di frequentazioni, sia con artisti che con possibili acquirenti del tuo lavoro".

Che differenza vedi tra il clima dei vostri anni giovanili e quello attuale?
"Da giovani ci sentivamo parte di qualcosa, di un qualcosa in movimento, una quasi avanguardia, un po' osteggiata dai grandi vecchi della pittura varesina. Ma ammetto che io per primo ho scelto di fare il cane sciolto. Certi aspetti dell'avanguardia li trovavo superficiali e artificiali, che in parte mi scandalizzavano. Però forse c'era più attenzione agli artisti da parte delle istituzioni. Adesso, ad esempio, trovo giusto che anche come Associazione dei Liberi Artisti si facciano queste iniziative, sia collegiali che singole. Una specie di censimento. Un prendere atto della nostra presenza. Mi pare iniquo che un assessore che si occupi di politica culturale a livello locale non conosca gli artisti del suo territorio".

Cosa cerchi sovrapponendo le carte veline per far emergere le tue figure?
"Forse la bellezza perduta, la bellezza classica che è sempre un fondamento della nostra sensibilità e della nostra percezione. La bellezza e l'eros".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Linda Fontanelli

 

 

 

La mia ricerca valorizza il microcosmo; l’attenzione verso la natura e i dettagli che caratterizzano il mondo vegetale, animale e minerale. Gli elementi ispirano il mio lavoro, oltre che nel segno, nelle texture e nelle forme organiche, anche nella scelta degli stessi materiali che prediligo come argilla, legno, scarti di pelle e carta fatta a mano. La terracotta e la pelle si rifanno alle mie origini toscane: le fornaci del Chianti e la pelletteria fiorentina che, fin da piccola, hanno fatto parte del mio vissuto. Cerco di cogliere l’armonia, la raffinatezza, la forza e la fragilità, la crescita e il decadimento che troviamo in natura dove tutto risponde ad un sottile equilibrio. Questo mi permette di riflettere, sentire e percepire lo stato del nostro essere. Il segno è minuziosamente inciso a fuoco su legno, pelle e carta o in maniera diretta sull’argilla e spesso diventa ripetitivo e ossessivo come guidato da un flusso di vibrazioni che portano in superficie tensioni e direzioni. L’ascolto mi porta ad esplorare mondi nascosti e incontaminati che seguono il fluire degli eventi e che si trasformano in ogni momento per andare alla ricerca del vero sé. I lavori in ceramica e carta fatta a mano sono molto sottili ed estremamente fragili. Il segno creato dalla punta a fuoco brucia e talvolta trapassa la carta e mi fa riflettere sulla transitorietà e gracilità della nostra società. La sperimentazione dei materiali è alla base del mio lavoro. Grazie ad essa mi lascio sorprendere dagli accadimenti, a volte casuali o nati da errori che poi si trasformano in vere e proprie risorse e avviano sempre nuovi percorsi e serie di lavori.

 

 

 

Bruno Tosi, arte povera

 

 

La Fondazione ''Il Giardino di Daniel Spoerri, ha il piacere di invitarVi venerdì 27 luglio 2007 ore 15.00 alla vernice della esposizione personale dell’’artista Bruno Tosi.

 

''... le opere di Bruno Tosi richiamano al fascino primario delle idee elementari; qui gli strumenti della sua pittura - Tosi usa materiali come legno, tela, corda, terra - ci consegnano una corporeità, forse una scala di valori che trasportano e trattengono tono-colore, cosi l'armatura di ogni suo lavoro si fa spartito, porzione di tempo-spazio, marcando la sua immersione di essere al mondo. La sua pittura è ferma in un tempo sospeso tra silenzio e vibrazione cromatica, tra evocazione e umiltà del fare. Il suo ridurre cerca un equilibrio sottile, istantaneità e memoria: una dolcezza inquieta ...''

 

... riducendo il processo creativo a un atto di fede esclusivo nella materia-colore, nella sua peculiarità ''oggettiva'', cui affidare, ricorrendo anche a soluzioni tridimensionali, emozioni e sentimenti. Le forme semplici, minime, ''povere'' , dipinte , a volte quasi scolpite, frutto di questo processo, sembrano tracce fossili di un mondo arcaico sommerso, reperti di un alfabeto elementare rimosso, svelato all'occhio dell'osservatore affinché ne afferri e decifri il messaggio che vi è celato...

 

Bruno Tosi è nato ad Albenga nel 1951. Dal 1971 vive e lavora a Lugano, città della famiglia paterna. Dal 1974 inizia la sua attività artistica partecipando a numerose esposizione personali e collettive.

 

Vernice venerdì 27 luglio 2007 ore 15.00

 

 

Fondazione Il Giardino di Daniel Spoerri

 

Loredana Müller

Intervista di Gaia Ferrini

- Nella realtà contemporanea, caratterizzata dalla facilissima reperibilità di materiali artistici, anche a basso costo, la sua scelta di autoproduzione di questi ultimi lancia un messaggio preciso verso una maggiore sostenibilità e rispetto dell'ambiente.

Hai colto esattamente una delle motivazioni profonde, che generano il mio andare alla ricerca, in natura perchè siamo natura. Opero nel luogo o nei dintorni della mio abitare; perchè senso ha il rispettare la terra/natura, come la dimensione del luogo/spazio, come dimora dell'anima. Ed è il praticare, é il muoversi e l'ascoltare quel territorio é farne amicizia, accorgendosi d'ogni fonte e della vastita e diversità dei tessuti connaturati, quali gli elementi come energie e soprattutto captare quanta e quale vita ci circonda. Convive nelle nostre vicinanze, è adiacente è vicino. È come permeare d'equilibrio un nostro essere, stare e fare, per scelta o per necessità, in quel luogo determinato. In modo animistico, ma anche mistico, é tessere essere consapevole del compito e della qualità del pensiero come del trasformare, il mio stare é ricevere indizzi, raccogliere doni, il minimo necessario, per generare un'atto che abbia senso/sensibilità e durata. Per riconoscenza e per dare un senso anche emotivo oltre che contemplativo, allo scambio d'energie. Diviene coltivare tempo e pensiero come tempio creaturale. È togliersi zavorra, spogliarsi di sovrastrutture, rendere gli atti semplici, perchè motivati e colmi a seguire di infinibili riflessioni e soprattutto per riconoscere sottili attitudini più che determinare abitudini. Sospensione e ricerca come ri-conoscimento della qualità di tempo.

- Questa scelta può anche però essere legata al mantenimento di una tradizione, giudicata fondamentale: se è questo il caso, qual è il suo rapporto con il tempo e il suo pensiero in merito alla costante velocizzazione di ogni processo, compreso quello artistico?

Anche qui è come accorgersi che ci radichiamo nella storia, e nella storia delle tecniche pittoriche, in quelle pieghe, ancora ritroviamo senso antico.

Pur essendo esseri della contemporaneità, è come riincontrare l'essere umano lì nei suoi passi che tanto hanno determinato, vivere della stessa azione, con andamento tutto sommato lento e spesso sospeso. Consapevoli che l'immaginazione è fatto attivo, e che più i sensi si raccolgono e operano, sospendono giudizio ecco che attivano partecipazione, è quello stesso operare che genera un orientamento, una direzione un possibile svolgimento come qualità della necessità di prendersi tempo e continuamente riconsiderarlo come costante che ricerca valore come soglia del sè.

- In alcune delle sue opere, come Andamento di terre ed erbe, di proprietà del Museo Villa dei Cedri, si può riscontrare un dialogo tra l'elemento vegetale (le erbe) e quello minerale (le terre): che valore hanno queste due entità nella sua pratica artistica?

Credo che negli interstizzi ci siano congiunzioni sottili, che sono non separabili chiamiamoli "regni" degli elementi. Le ultime pagine di Darwin, per arrivare a Mancuso, parlano già della vicinanza tra un alga e un corallo, o quale inteligenza sta negli estremi puntuti d'ogni radice. Intelligenze diverse, oggi lo riconosciamo, è il passaggio tra organico e inorganico...e viceversa che genera atto, azione e partecipazione alla vita. Grazie all'acqua sempre al sole alle stelle, e lì contempliamo l'agire delle energie, che appartengono alla vita. È riverbero d'ogni luce, la materia del sole, la molecola dell'acqua che porterebbero ancora generosità, nel costituire una nuova attenta-autentica società.

Il chinarsi nel bosco, è come cogliere più individui in un albero, ascoltare un fermento ovunque, erbe e terra, foglie e cielo, insetti e animali, licheni e funghi, larve e bacelli. L'albero è polmone, frutto e cuore, porta il seme, si dirada e muove come mani e piedi. Le radici sono nella memoria...Il regno vegetale occupa la maggior variante delle forme viventi nella terra, e se andassimo ai licheni, ai muschi, ai funghi...improvvisamente le sostanze del cuore, non farebbero più s.o.s. Non avrebbero più ansie, solo anse.

- Infine, è evidente che nella sua produzione il supporto cartaceo abbia un ruolo fondamentale, tanto che anche alcune opere su tela, come il trittico Flusso ramo primario, sono state prima realizzate su carta, successivamente incollata su tela: quali sono le sue personali motivazioni dietro a questa predilezione? Quali caratteristiche del supporto cartaceo lo rendono particolarmente adatto al suo lavoro artistico?

Credo che come esseri umani, dovremmo ridare eco alla dimensione vegetativa, già Paul Vallery parlava della pelle come organo del senso più esteso. La carta diviene come una pelle, nel mio lavoro, una membrana che nasce e sa ascoltare e portare flussi e riflussi degli umori del vivere. Raccogliere vegetali e farmi carta, i minerali e generarmi colore, a volte le colle animali, tipo la caseina, o le mestiche con presenze sia vegetali olio, che animali uovo, o ossee...riunire e amalgamare, mi sembra sempre di più ricominciare. Dare eco a quell' unire, aiutare e risostenere ogni sostanza, che appartiene al ciclo della natura, generare una sosta al cuore, come curare un poco il mondo e noi medesimi, accudendo leggi primarie...legami-leganti possibili e sostenibili.