Un caro saluto agli amanti dell'arte, e ai frequentatori del nostro piccolo centro.

 

 

 

Dato la rattristante dinamica di questi periodi, che ci hanno fatto disdire gli ultimi tre lunedì novembrini, facendoci perdere l'intensità che ogni serata prevede nel

 

suo svolgimento, lì dove a cuore stanno i contenuti espressi dalla stessa esposizione e conseguenti alla dimensione che i linguaggi dell'arte ricercano e generano.

 

 

 

Comunichiamo che la serata di lunedì 7 dicembre, alle ore 19; avrà luogo, seppur in numero ristretto, massimo 15 persone oltre le quattro persone coinvolte: Anne France Aguet, Catherine Rovelli, moderati da Loredana Müller e accompagnate

 

al pianoforte da Milo Mascitelli.

 

 

 

Ebbene vorremmo comunicare che domenica 6 dicembre, durante le prove, si potrà visitare l'esposizione e seguire sia le proiezioni che le tre artiste che un poco si raccontano.

 

 

 

L'idea è a piccoli gruppi di 3 a 5 personea partire dalle 14 fino le 19.

 

Prevediamo un piccolo spuntino dolce-salatao e qualcosa di caldo, oltre che un buon bicchiere di vino.

 

 

 

Ringrazio per iscriversi, dato il momento chi volesse informarci della propria presenza. Chi riconferma, l'adesione avvenuta tempi addietro, con chiarezza per la serata a numero purtroppo chiuso, e per le prove, che invece prevedono un fluire diverso, quindi dare indicativamente un orario, 14...15...16...17...18....

 

 

 

Con fiducia e quella simapatia necessaria, perchè l'arte è e sia sempre necessaria.

 

 

 

Loredana Müller

 

 

 

 

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MARMOREE MEMORIE - STRATIFICAZIONE DEL TEMPO SCULTURA E INCISIONE

 

www.areapangeart.ch - Ai Casgnò 11a - 6528 Camorino

 

 

 

Milo Mascitelli, nasce a Bellinzona il 24 giugno 2005.

 

Sin da bambino dimostra una particolare attitudine per la musica.

 

All’età di 10 anni comincia a studiare pianoforte dapprima con un maestro privato

 

ed in seguito, dal 2017, è iscritto alla Scuola di musica del Conservatorio

 

della Svizzera italiana, che frequenta tutt’ora.Nel 2019 ha vinto il secondo premio al concorso “Sobrio International Competition for young pianist”

 

Polistrumentista, dal 2017 è attivo anche nello studio della tromba presso

 

la Scuola di musica del Conservatorio della Svizzera italiana .

 

Nell’agosto di quest’anno ha partecipato, come allievo più giovane,

 

alla Masterclass del maestro Max Sommerhalder.

 

Dal 2017 ha iniziato privatamente lo studio della chitarra classica e dal 2020 è iscritto, per questo strumento, alla Scuola di musica del Conservatorio della Svizzera italiana.

 

 

 

I brani che interpreterà questa sera sono:

 

 

 

  • Sonata K27 di Domenico Scarlatti

  • Valse Etude in sol maggiore di William Gillock

  • Sonata in si bemolle maggiore di Muzio Clementi

 

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TESTO DI APERTURA DI NATASCHA FIORETTI

 

 

Un’esposizione che va ascoltata e sentita perché parla di elementi e di tempo, di lavoro e di storia del territorio, di visione, di piccole alchimie e misteri che ogni pietra cela in se stessa e ne fa un'unicità.

 

 

 

Questa frase che Loredana Mueller ha pensato per il comunicato stampa della mostra mi ha subito trasportata a Goethe e alle sue Elegie Romane. Composte tra il 1788 e il 1790, di ritorno dal suo viaggio in Italia in esse il poeta ci dice che IL MARMO SI DEVE AMMIRARE ma che si può anche ASCOLTARE come gli accadeva in occasione delle sue passeggiate nei fori, quando le pietre gli parlavano delle antiche glorie e dei loro eroi.

 

 

 

Ricordiamo che le Elegie Romane rappresentano un punto di svolta nella vita di Goethe. Scrive in merito a Eckermann il 9 ottobre 1828 «posso dire che solamente a Roma HO SENTITO CHE COSA VOGLIA DIRE ESSERE UN UOMO. Non sono mai più ritornato ad UNO STATO D’ANIMO COSI’ ELEVATO, Né A UNA TALE FELICITA’ DI SENTIRE.» è soprattutto l’amore per la giovane Faustina a dettare queste parole e se anche la mostra si concerta su ELEGANTI PIETRE DI MARMOREE MEMORIE memorie c’è una scultura, a voi scoprirla, che ci parla di femminile sinuosità.

 

 

 

Iniziano così le Elegie Romane :

 

 

 

Ditemi, o pietre! parlatemi, eccelsi palagi!

 

Date una voce, o vie! Nè tu ti scuoti, genio?

 

Si, QUI UN’ANIMA HA TUTTO, FRA QUESTE DIVINE TUE MURA, Eterna Roma! TACE SOL PER ME TUTTO ANCORA.

 

 

 

Con un PENSIERO AL NOSTRO AMICO JOSEF WEISS la dirò anche in tedesco:

 

 

 

Saget, Steine, mir an, o sprecht, ihr hohen Paläste!
Straßen, redet ein Wort! Genius, regst du dich nicht?
Ja, es ist alles beseelt in deinen heiligen Mauern; EWIGE ROMA
nur mir schweiget noch alles so still.

 

 

 

Versi che invocano le pietre a parlare mentre l’animo dell’uomo si tende per dialogare con il contesto tutt’attorno, si prepara ad ascoltare, a vedere, a carpire e a trasformare dentro di sé ciò che coglie dal di fuori. In questo primo momento ancora tutto tace, ancor non sente nulla, nulla gli parla. è pari a quell’attimo di profondo e intenso raccoglimento che precede l’atto creativo, per lo scrittore il momento davanti al foglio bianco per lo scultore il momento in cui si trova di fronte alla sua pietra, immagina cosa sarà e dà il primo colpo. Inizia così il viaggio, lo scambio, il processo di trasformazione. Della pietra e di riflesso dell’artista. Della pietra in quanto macrocosmo, elemento della natura e dell’artista in quanto microcosmo. Dall’interazione, dallo scambio, nasce qualcosa di nuovo. I due diventano un tutt’uno. Michelangelo direbbe: “Ogni blocco di pietra contiene un numero infinito di forme umane, spetta allo scultore materializzare la propria visualizzazione”.

 

 

 

Jung ci racconterebbe della sua pietra nel giardino: “Io sto seduto sulla cima di questa pietra e la pietra è sotto ma anche La pietra potrebbe dire io e pensare: io sono posata su questo pendio ed egli è seduto su di me. Allora sorge il problema: sono io quello che è seduto sulla pietra o io sono la pietra sulla quale egli siede?”.

 

 

 

La Pietra diventa lo STRUMENTO VISIBILE, il RIFLESSO VISIBILE di ciò che è invisibile.

 

I massoni parlano di pietra grezza senza forma che contiene in sé il principio dell’essere. È l’archetipo. La lenta e progressiva lavorazione di questo elemento, scartandone gli elementi superflui con il sapiente uso della squadra e del compasso conduce alla pietra cubica. La pietra perfetta, nell’uguaglianza di tutte le sue dimensioni. Essa rappresenta il simbolo della realizzata crescita personale, dell’elevazione spirituale ed esprime la pienezza della realizzazione dell’essere.

 

 

 

La pietra per eccellenza in alchimia è la pietra filosofale – dall’arabo alchi-mia significa proprio questo - pietra filosofale.

 

 

 

Un antico alchimista arabo, Morieno, diceva:

 

 

 

Questa pietra, [la pietra filosofale] si cava da voi: voi ne siete il minerale, e in voi la si può trovare. Se ve ne renderete conto, sentirete vivere in voi l’amore della pietra. Sappiate che questo è vero senza ombra alcuna di dubbio. […]

 

 

 

E l’etimologia del termine già descrive il processo sia interiore che esteriore, che si ritrova poi nelle diverse manifestazioni del lavoro nell’ Officina Massonica, dei processi della natura, della guarigione medica, della purificazione dello spirito verso la salvezza.

 



 



 

Questo processo in Alchimia si svolge attraverso tre fasi fondamentali:

 



 

1) la  NIGREDO o  “opera al nero” in cui la materia (come lo spirito) si dissolve, putrefacendosi

 

2) l’ ALBEDO o  “opera al bianco” in cui la materia (come lo spirito) si purifica, sublimandosi

 

3) la  RUBEDO o “opera al rosso”  in cui la materia (come lo spirito) si ricompone, fissandosi e dando luogo a quella “coniunctio opppositorum” caratteristica della Grande Opera.

 



 

MIGLIORARE, PURIFICARE, INNALZARE, questi sono i termini comuni al percorso alchemico ed a quello massonico, sono obiettivi cui l’iniziato deve tendere in un duplice ambito, interiore ed esteriore.

 

Essi sono strettamente legati  da un lato ai concetti di morte, putrefazione, scioglimento, disgregazione, dall’altro agli opposti concetti di resurrezione, fortificazione, accrescimento, sintesi, secondo un percorso di iniziazione.

 



 

Non voglio forzare parallelismi e simbologie ma se osservate sotto diverse sfumature, venature e gradazioni ritroviamo i medesimi colori in mostra. Penso alle sculture di marmo bianco di carrara, freddo e liscio con quelle venature grigie, penso alle incisioni normalmente legate alla nigredo e dunque al nero ma in questo caso legate ai colori della terra, gli ossidi, alle sculture rosse e rosate fatte con il marmo delle cave di Arzo.

 

 

 

La scultura esprime la potenza degli archetipi nel divenire e la fissa nel tempo, quasi nell’eternità, oltre a rielaborare le coordinate dello spazio. Lo scultore, attraverso una continua interazione del concavo con il convesso, segue in maniera creativa i processi generativi della natura, che dal piano metafisico delle idee innate o degli archetipi modella continuamente le forme sul piano fisico.

 

Anne-France Aguet , Loredana Müller e Catherine Rovelli – marmi d’Arzo, di carrara, Bardiglio e marmi imperiali.

 

 

 

Due adepte della pietra e una incisoria. Tre artiste che insieme hanno voluto affrontare un tema come quello della pietra, intesa come cristallizzazione e stratificazione del tempo. Gli intenti, le azioni, il limare e lo scolpire, tra il segnare e il tracciare per dare forma e volume; consistenza e trasparenza come memoria del processo, o il percorso del tempo.

 

  

 

L'allestimento connotato da una sobria e armonica eleganza si sviluppa attraverso dieci stazioni in cui le tre artiste si confrontano e dialogano come è nella filosofia di areapangeart. A dialogare con i marmi c’è a parete l'incisione calcografica particolare di Loredana Müller.

 

 

 

Tre donne, tre artiste e le loro pietre. Vi lascio e vi auguro buon viaggio con una poesia di Wislawa Szymborska –

 

 

 

Conversazione con una pietra

 

 

 

Busso alla porta della pietra

 

Sono io, fammi entrare.

 

Voglio venirti dentro,

 

dare un’occhiata,

 

respirarti come l’aria.

 

 

 

Vattene – dice la pietra.

 

Sono ermeticamente chiusa.

 

Anche fatte a pezzi

 

saremo chiuse ermeticamente.

 

Anche ridotte in polvere

 

non faremo entrare nessuno.

 

 

 

Busso alla porta della pietra.

 

Sono io, fammi entrare.

 

Vengo per pura curiosità.

 

La vita è la sua unica occasione.

 

Vorrei girare per il tuo palazzo,

 

e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.

 

Ho poco tempo per farlo.

 

La mia mortalità dovrebbe commuoverti.

 

Sono di pietra – dice la pietra

 

E devo restare seria per forza.

 

Vattene via.

 

Non ho i muscoli per ridere.

 

 

 

Busso alla porta della pietra.

 

Sono io, fammi entrare.

 

Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,

 

mai viste, belle invano,

 

sorde, senza l’eco di alcun passo.

 

Ammetti che tu stessa ne sai poco.

 

 

 

Sale grandi e vuote – dice la pietra

 

ma in esse non c’è spazio.

 

Belle, può darsi, ma al di là del gusto

 

dei tuoi poveri sensi.

 

Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.

 

Con tutta la superficie mi rivolgo a te,

 

ma tutto il mio interno è girato altrove.

 

 

 

Busso alla porta della pietra

 

Sono io, fammi entrare.

 

Non cerco in te un rifugio per l’eternità.

 

Non sono infelice.

 

Non sono senza casa.

 

Il mio mondo è degno di ritorno.

 

Entrerò e uscirò a mani vuote.

 

E come prova d’esserci davvero stata

 

porterò solo parole,

 

a cui nessuno presterà fede.

 

 

 

Non entrerai – dice la pietra.-

 

Ti manca il senso del partecipare.

 

Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.

 

Anche una vista affilata fino all’onniveggenza

 

a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.

 

Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,

 

appena un germe, solo una parvenza.

 

 

 

Busso alla porta della pietra.

 

Sono io, fammi entrare.

 

Non posso attendere duemila secoli

 

per entrare sotto il tuo tetto.

 

 

 

Se non mi credi – dice la pietra-

 

rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.

 

Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.

 

Chiedi infine a un capello della tua testa.

 

Scoppio dal ridere, d’una immensa risata

 

che non so far scoppiare.

 

 

 

Busso alla porta della pietra.

 

Sono io, fammi entrare.

 

NON HO PORTA – dice la pietra.