Antonio Rossi

 

 

 

Quanto basta per considerare gli oggetti come altrettanti luoghi che non parlano affatto del Soggetto ma in cui, piuttosto, il Soggetto cerca di vedersi, o di cui cerca di trarre un’immagine di sé”.

(Stefano Agosti)

 

Orti fuori città

 

 

 

…che bello dev’essere venire qui il sabato,

 

aprire il capanno, controllare che gli attrezzi

 

ci siano ancora tutti e incominciare a lavorare.

 

Succede a volte di dissentire dal vicino

 

sul come si scavino le buche o i solchi,

 

“ma è vergognoso litigare per così poco,

 

non pare anche a lei?”

 

ci si dice ragionevolmente alla fine.

 

Qualcuno, succede altre volte, estrae il termos

 

e si gusta in disparte il suo tè;

 

e mentre ognuno vedrebbe, se fosse lì,

 

il pomo d’Adamo di quello andare su e giù

 

fra colletto e mento,

 

molti radunano i loro arnesi,

 

altri si dirigono verso la strada.

 

(da Ricognizioni, 1979)

 

 

 

Usualmente o con foga

 

un parametro o abitacolo

 

vischioso incorpora

 

o asporta soggetti

 

riluttanti e cela

 

freghi e additivi

 

copiosi e dopo

 

trazioni o pericoli

 

estromette in tracciati

 

dislocati e insidiati

 

da particelle.

 

 

 

 

La reazione è

 

addentrarsi in alloggi rugosi

 

e credere che lanugini e cartilagini ivi

 

confluite non si trasmettano

 

a uno sconosciuto che da un po’obietta, deglutisce

 

e retrocedendo si contorce, servono

 

asciugamani e frasi

 

veementi per giungere alla calma

 

ma anche per chiedere di uscirsene.

 

(da Diafonie, 1995)

 

 

 

 

 

Una mente volgerla

 

dove? A striature

 

ombre sicure massi

 

e giù rimbalzando

 

da felci sul discontinuo

 

abitato e nomade

 

a serre padiglioni

 

fetide cataste da cui

 

passero fanello gazza

 

trae felicità.

 

 

 

 

Dissidi pupille

 

instabili mistioni dorso

 

di locusta inganni

 

abrasioni subdole

 

prese dall’alto

 

affacciate a strofinio

 

adibite un giorno per mille

 

sommati torma saranno

 

e intollerato essere

 

precipite irsuto.

 

(da Sesterno, 2005)

 

 

 

 

 

Lucernari di obsoleta

 

foggia e botole a distanza

 

orientabili e finestre tortuose

 

o a bilico e remoti

 

sfiatatoi nonché solai

 

a prova di cardine spalancati

 

con vortici opportuni e sparpagliato

 

soffio lontano sospingano il piombo

 

ovunque depositato.

 

 

 

 

Per mancata follia

 

tacciono le acque dall’errare

 

si astiene il luppolo

 

renitente permane fra il mobilio

 

lo spartito

 

depauperate si credono

 

le braci e meno significa

 

un incolume ripostiglio

 

se un’esigua frazione di luce

 

intuita e subito preferita

 

è dal suo habitat divelta.

 

(da Brevis altera, 2015)