L'Azzurro Stéphane Mallarmé

 

Del sempiterno azzurro la serena ironia
Perséguita, indolente e bella come i fiori,
Il poeta impotente di genio e di follia
Attraverso un deserto sterile di Dolori.

Fuggendo, gli occhi chiusi, io lo sento che scruta
Intensamente, come un rimorso atterrante,
L'anima vuota. Dove fuggire? E quale cupa
Notte gettare a brani sul suo spregio straziante?

Nebbie, salite! Ceneri e monotoni veli
Versate, ad annegare questi autunni fangosi,
Lunghi cenci di bruma per i lividi cieli
Ed alzate soffitti immensi e silenziosi!

E tu, esci dai morti stagni letei e porta
Con te la verde melma e i pallidi canneti,
Caro Tedio, per chiudere con una mano accorta
I grandi buchi azzurri degli uccelli crudeli.

Ed ancora! che senza sosta i tristi camini
Fùmino, e di caligine una prigione errante
Estingua nell'orrore dei suoi neri confini
Il sole ormai morente giallastro all'orizzonte!

- Il cielo è morto. - A te, materia, accorro! dammi
L'oblio dell'Ideale crudele e del Peccato:
Questo martire viene a divider lo strame
Dove il gregge degli uomini felice è coricato.

Io voglio, poiché infine il mio cervello, vuoto
Come il vaso d'unguento gettato lungo un muro,
Più non sa agghindare il pensiero stentato,
Lugubre sbadigliare verso un trapasso oscuro...

Invano! Ecco trionfa l'Azzurro nella gloria
Delle campane. Anima, ecco, voce diventa
Per più farci paura con malvagia vittoria,
Ed esce azzurro angelus dal metallo vivente!

Si espande tra la nebbia, antico ed attraversa
La tua agonia nativa, come un gladio sicuro:
Dove andare, in rivolta inutile e perversa?
Mia ossessione. Azzurro! Azzurro! Azzurro! Azzurro!

Stéphane Mallarmé, 1864

L’Azur Stéphane Mallarmé

 

De l’éternel Azur la sereine ironie
Accable, belle indolemment comme les fleurs,
Le poète impuissant qui maudit son génie
À travers un désert stérile de Douleurs.

Fuyant, les yeux fermés, je le sens qui regarde
Avec l’intensité d’un remords atterrant,
Mon âme vide. Où fuir ? Et quelle nuit hagarde
Jeter, lambeaux, jeter sur ce mépris navrant ?

Brouillards, montez ! versez vos cendres monotones
Avec de longs haillons de brume dans les cieux
Que noiera le marais livide des automnes,
Et bâtissez un grand plafond silencieux !

Et toi, sors des étangs léthéens et ramasse
En t’en venant la vase et les pâles roseaux,
Cher Ennui, pour boucher d’une main jamais lasse
Les grands trous bleus que font méchamment les oiseaux.

Encor ! que sans répit les tristes cheminées
Fument, et que de suie une errante prison
Éteigne dans l’horreur de ses noires traînées
Le soleil se mourant jaunâtre à l’horizon !

Le Ciel est mort. — Vers toi, j’accours ! donne, ô matière,
L’oubli de l’Idéal cruel et du Péché
À ce martyr qui vient partager la litière
Où le bétail heureux des hommes est couché,

Car j’y veux, puisque enfin ma cervelle, vidée
Comme le pot de fard gisant au pied d’un mur,
N’a plus l’art d’attifer la sanglotante idée,
Lugubrement bâiller vers un trépas obscur…

En vain ! l’Azur triomphe, et je l’entends qui chante
Dans les cloches. Mon âme, il se fait voix pour plus
Nous faire peur avec sa victoire méchante,
Et du métal vivant sort en bleus angelus !

Il roule par la brume, ancien et traverse
Ta native agonie ainsi qu’un glaive sûr ;
Où fuir dans la révolte inutile et perverse ?
Je suis hanté. L’Azur ! l’Azur ! l’Azur ! l’Azur !

 

Stéphane Mallarmé, 1864

Ringrazio tutti coloro che sono arrivati e soprattutto le artiste: Anne-France Aguet, Marisa Altepost, Luisa Castellani, Laura Fumagalli, Dina Moretti, Giulia Napoleone, Catherine Rovelli, Loredana Selene Ricca, Michela Torricelli e Petra Weiss, la giornalista letterata Natascha Fioretti

Volevo brevemente fare una piccola considerazione, una breve disertazione tra i mondi... Una goccia più una goccia, fanno una goccia più grande, diceva Panikkar, ebbene qui ad areapangeart si uniscono i valori, ed è un valore grande questo, e soprattutto da salvaguardare.

Mi piace pensare, toccando la lirica che sentirete L'Azur del poeta Mallarmé, unita all'artista Giulia Napoleone, poeta e artista che credo tutti conosciate, ebbene mi piace pensare ad una goccia-lacrima blu, che abbia quell'intensità che ci porti certo al cielo e al mare ma anche al pianto, a quel pianto...che in grembo ha il piantare ... il dialogare insistente-mente con il seme, le sue possibili radici, quel suo viaggiare tra sotto terra e sopra terra, che diviene prato, monte, albero, essere aria e respiro, verità cosmologica...Mi piace pensare che la lacrima come la goccia abbiano in comune la terra, dato la loro caducità, ma per rinascere essenza di vita, fonte continua.

Questa esposizione dedicata al Blu, é in omaggio a Giulia Napoleone, vive di queste riflessioni, sono gli elementi, che dispiegano e assicurano la vita, vita pensata similmente a San Francesco, dove presenti stanno tutte le creature, assieme ai regni, ai pianeti...sorella luna, e fratello sole e sorelle stelle, fratello vento e quell' ascolto d'ogni suono-voce-verso, per abbracciare tutto il conoscibile che ci attraversa e di cui siamo parte Universale. Siamo dieci artiste, undici assieme alla cantante soprano Luisa Castellani. Le artiste visive, legate alle arti applicate, intese come volontà di rappresentazione ci indicano e generano una riflessione unita al tempo nel trasformare la materia, azione nel compimento di senso. Presenterà l'esposizione quando mi taccio, (e si diviene 12)... Natascha Fioretti, che ringrazio di cuore, e di seguito presento due momenti musicale di breve durata una a seguire, la seconda prima di partire con le danze... Luisa Castellani oltre L'Azur tratto dalle liriche di Mallarmé di Matteo D'Amico compositore vivente, e amico tra l'altro della stessa Giulia Napoleone, di Roma, aveva un fratello che si occupava di arte e storia dell'arte. Ebbene oltre questa estrapolazione che sentite in sala e saletta, e potete coglierne-leggere esattamente l'ensemble che la costituisce. Ebbene ora sentirete invece Luisa Castellani in due Assoli per voce e percussione: non pronuncio i titoli in inglese, ma in Italiano: " Un fiore "e " la meravigliosa vedova di 18 primavere" particolari composizioni brevi per voce e percussione. L'autore è John Cage, famoso compositore, l'autore di 4 minuti e 33 secondi di silenzio ... per intenderci; una composizione da dirigere con un orchestra che non suona, sta in attesa ed è il silenzio, sospensione assoluta. Avrei voluto come in breve ho svolto nel comunicato stampa poter parlare di ogni artista presente, ma mi limiterò a ringraziarle, parleranno le opere. Tenterò solo di sottolineare temi comuni. Artiste che con volontà e fiducia hanno portato ad areapangeart opere ora esposte in sala o in saletta; loro trittici o quartetti, alcune un dittico.

E hanno accettato il dialogo con un opera di Giulia Napoleone. Nella parete di fondo si articolano le ceramiste e scultrici, intraprendono un poderoso connubio con i quattro oli su carta intelaiata

"Misura della memoria" della Napoleone, nella parete parallela verso l'esterno, le due scultrici in marmo, di cui una affronta il vetro, si confrontano in modo sapiente con due piccoli pastelli su carta. E così nelle pareti perpendicolari si snodano atti attorno alla pittura, al collage, in dialogo sempre con piccoli e più pastelli che Giulia ha in Bacheca nella saletta. E ancora siamo tra pittura e scultura nella sala grande con i due grandi pastelli di Giulia: Vertice e Astrale. Se la sala grande raccoglie intensità e intese armoniche , la salettina restituisce contrasti, se nella sala ampia, sono poi gli armonici formali a individualizzarsi, pur se in chiave di gamme , blu oltremare, cobalto, Prussia, e turchese, ancora ceruleo e azzurrite, varianti di azzurri compositi e colmi di leggerezza, momenti pregnanti e profondi come abissi o orizzonti ultraterreni. In entrambe le sale sono i materiali che giocano un ruolo da protagonisti, uniti allo stile di ognuna, alla cifra d'ogni artista. Intrinsecamente legate alla natura come valore simbolico a contenuti arcaici: pietra, ceramica, vetro, tela, carta, frammenti di tappeto. I temi rincorrono sottilmente il valore e la tensione del far trapassar ogni atto da volontà interiore a gesto espresso ciò che preme dentro, esce, e diviene superamento di soglia é dialogo tra materia e spirito, animato atto dell'esistere.

 

grazie Lore



Cosa ne sanno gli infelici che non hanno mai visto sorgere l’azzurro all’orizzonte del loro cuore?… il cielo in essi non trova più luce. Non si può andare in cielo se non lo si ha dentro di sé, solo ciò che è eterno brama l’eternità.”

Con questa poesia che dedico a Giulia Napoleone e a chi ha pensato e allestito questa mostra sui suoi blu in dialogo con nove artiste voglio salutarvi. La poesia anziché la prosa mi sembrava per quest’occasione il genere più adatto a introdurre e ad accompagnare questo viaggio i cui contorni e le cui atmosfere sono già stati annunciati dai suoni e dalla voce di Luisa Castellani. Che bello, avete notato? Siamo tutte donne. E proprio per questo ho voluto esordire con i versi della poetessa Else Lasker Schueler. Anche questo si respira e si vive ad Areapangeart, una sorellanza tra le artiste, le arti, una comunione di intenti e di sforzi davanti e dietro le quinte dai quali nascono fiori, amicizie, progetti. Dicevamo, poesia. I versi che vi ho letto in apertura sono quelli di Elske Lasker Schueler, classe 1869, definita da Gottfried Benn la più grande poetessa che la Germania avesse mai avuto. Vi stupirete o forse lo sapete già di quanto il blu sia un leitmotiv della letteratura in particolare della lirica tedesca moderna ad iniziare dal "fiore azzurro" di Novalis. Il blu supera, va oltre il suo ruolo di simbolo, fino a creare nuovi cieli nelle "Elegie duinesi" di Rilke; dischiude la malinconia fino a uno struggente "blu morente" nei versi di Gottfried Benn in Ora azzurra. Sentiamo.

 

I.

Entro nell’ora dell’azzurro cupo¹ –

ecco l’andito, si salda la catena,

nella stanza c’è un rosso su una bocca,

un vaso, rose tarde – tu²!

 

Entrambi lo sappiamo, le parole

che tante volte ad altri abbiamo offerto

sono fra noi un nulla e un fuori luogo:

questo è tutto ed è l’ultima mossa.

 

Il tacere si è spinto cosí avanti,

riempie la stanza, si mura in un pensiero,

l’ora – nulla sperato né sofferto –

col suo vaso di rose tarde – tu.

 

II.

La tua testa si sfuoca, si ritrae, s’imbianca,

sulla tua bocca intanto si raduna

tutta la brama, la porpora e il germoglio

dalla corrente che monta dai tuoi avi.

 

Sei così bianca, forse ora ti sfasci

per troppa neve, troppo essere fiore,

rose bianche di morte, lembo a lembo –

coralli solo i labbri, una ferita.

 

Sei così morbida, che porti con te il senso

di una felicità di rischi e naufragi

in un’ora d’azzurro, azzurro cupo

che quand’è andata non sai più se è stata.

 

III.

Io ti domando: tu appartieni a un altro,

cosa vieni da me con tarde rose?

Tu dici: i sogni vanno, le ore migrano,

e tutto che cos’è: lui, io, tu?

 

«Ciò che s’innalza vuole anche finire,

ciò che si prova – chi lo sa per certo?

Si salda la catena, qui le pareti mute,

là lo spazio, alto e azzurro cupo».

 

In generale nessun colore ha influenzato cosi tanti artisti e poeti, ha messo le ali alle loro fantasie quanto il colore blu. Una fascinazione ininterrotta che in particolare nel modernismo trovò espressione in numerose opere dal periodo blu di Picasso e via dicendo. Pensiamo a Kandinskij – per lui i colori sono capaci di comunicare con noi uomini suscitando due tipi di effetti: uno fisico, determinato dalla registrazione della retina di un colore piuttosto che di un altro, e un effetto psichico figlio della vibrazione dello spirito che il colore determina quando incontra l’anima. L’artista per Kandinskij è una mano che toccando questo o quel tasto mette in vibrazione l’anima umana.

 

Ce lo ha detto prima Loredana Mueller, non esiste soltanto un tipo di blu nelle opere di Giulia Napoleone, ci sono varianti di azzurri e compositi, ceruleo e azzurrite, blu mare e blu di Prussia. E a proposito del blu di Prussia, concedetemi una piccola digressione perché voglio raccontarvi una storia alchemica e berlinese.

 

Il blu in natura compare raramente e molti secoli fa costava più dell’oro. Finché nel 1700 in un laboratorio berlinese un esperimento non andò a buon fine ma diede un incredibile e inaspettato risultato. A quei tempi a Berlino si incontrarono i due alchimisti Johann Jacob von Diesbach e Johann Conrad Dippel e più per caso che per altro scoprirono la ricetta per il primo pigmento sintetico: il blu di Prussia o di Berlino. Diesbach tra l’altro era un soldato svizzero, un mercenario che arrivò nella capitale prussiana per fare guadagni con la produzione dei colori. Dippel era già un alchimista ed era convinto di aver prodotto una tintura con la quale trasformare l’argento in oro. Per questo il conte Augusto maresciallo superiore alla corte del re prussiano nel 1704 lo chiamò a Berlino mettendogli a disposizione un laboratorio di alchimia con pigmenti colorati, polvere da sparo e altro. Un giorno nel 1706 Diesbach decise di produrre una lacca fiorentina nota come rosso carminio partendo dalla cocciniglia. Per farvela breve e dunque saltando tutti gli intrugli e i vari passaggi nel prendere un ingrediente al posto di un altro si accorse che il suo liquido anziché rosso divenne blu scuro. Cosa era successo? Il sangue di animale che aveva aggiunto aveva provocato una reazione chimica. Gli ioni di ferro contenuti nel sangue avevano causato un trasferimento di elettroni dallo stato di ossidazione più due allo stato di ossidazione più tre. Dunque per un errore i due alchimisti scoprirono il primo pigmento sintetico. Gottfried Wilhelm Leibniz propose di chiamarlo “blu di Berlino” in verità si è poi diffusa la definizione blu di Prussia. Fu un colpaccio perché a quei tempi gli artisti erano soliti usare colori ricavati dall’azzurrite che però con il tempo sbiadivano. Il blu più ambito era quello della pietra Lapislazuli che si trovava nell’odierno Afghanistan. Ne usciva un colore ultramarino più caro dell’oro che la maggior parte degli artisti non si poteva permettere. Per questo il blu berlinese ebbe un grande successo quando arrivò sul mercato nel 1700. Il primo dipinto nel quale è stato usato in modo evidente risale al 1709 ed è quello di Pieter van der Werff “La sepoltura di Cristo” che oggi è appeso a Potsdam nel castello di Sansouci. Ecco svelaro l’origine del blu di Prussia.

 

Torniamo alla poesia. Ne ho trovata una quasi per ogni artista, questa è per Anne-France Aguet e le sue sculture di sodalite blu, leggere in una danza tra corpo e respiro. Questa è di Hermann Hesse, Farfalla azzurra

 

Farfalla azzurra Piccola, azzurra aleggia una farfalla, il vento la agita, un brivido di madreperla scintilla, tremola, trapassa. Così nello sfavillio d’un momento, così nel fugace alitare, vidi la felicità farmi un cenno /scintillare, tremolare, trapassare”.

 

Chiari, turchesi sono i vetri di Catherine Rovelli che ci parlano di acque e di cieli. Lo stesso slancio, la stessa leggerezza e gli stessi colori li ritroviamo anche in questa poesia di Goethe dal titolo La libellula dal finale un po’ severo

 

"Intorno alla sorgente

svolazza la libellula cangiante

già tanto ne godo -; ora scura ora chiara, come il camaleonte:

ora rossa, ora turchina,

ora verde; oh, se potessi veder da vicino i suoi colori!

Si libra e frulla, non si ferma mai.

Ma zitto, si posa sul salice.

L’ho presa! L’ho presa!

E ora la osservo attentamente e vedo un triste colore turchino…

Così succede a te, analizzatore delle tue gioie!".

 

Petra Weiss con le sue sculture, quella grande mi ricorda una sirena, che con la sua coda spunta fuori dalle acque e congiunge la terra di quaggiù con il cielo di lassù. A lei dedico Azzurro della sera di Hermann Hesse

 

O pura visione tutta incanti,

quando da porpora e d’oro, sereno

amabile grave, tu cielo

di luce della sera ti dilati.

 

Tu ricordi un mare azzurro

dove felicità è alla fonda

per una quiete beata. Dal remo sgocciola

l’ultima stilla di terrestre cruccio.

 

Azzurro, colore delle idee?” con queste parole di Walter Benjamin emerge l’ipotesi che l’idea abbia una sostanza azzurra e che in questo colore abbia inizio il pensiero occidentale, pensiero associato subito all’azzurro, il colore del cielo. Anche Paracelso esortava a disporre la mente all’azzurro affinché le trasmutazioni potessero compiersi, la volta del pensiero doveva farsi uguale a quella celeste. Se il pensiero sta in alto, è grazie a un cammino di elevazione, sublimante al pari dell’azzurro che, prima di trasformarsi in colore dell’Idea, si offusca nel blu della dissolutezza. Molti scrittori e poeti hanno sempre mostrato predilezione per l‘azzurro. Leopardi, esprimeva alla sorella Paolina la predilezione per il soprabito turchino. Dell’influenza del blu sulla poesia tedesca abbiamo già detto ma non ci siamo soffermati sul fatto che in tedesco blu si dice BLAU e la combinazione del dittongo AU combina una vocale alta con una bassa e questo dà l’idea di luce ed ombra, che il colore azzurro va ad indicare. Il dittongo AU è un suono il cui senso vitale può raccogliersi con energia, ma anche perdersi nelle sue sfumature più delicate, per questo blau è una parola poetica, per questo era blu il fiore a cui Novalis consegnò l’essenza della poesia. Da qui nasce la blaue Blume di Heinrich von Ofterdingen, il suo romanzo di formazione del 1802.

 

I genitori erano già coricati e dormivano, la pendola batteva il suo monotono tempo, alle finestre scricchiolanti gemeva il vento; la stanza era a tratti rischiarata dal lume della luna. Il giovane se ne stava inquieto nel suo giaciglio e ripensava allo straniero e ai suoi racconti. Non son già i tesori che hanno risvegliato in me un così ineffabile desiderio, si diceva; ogni cupidigia m’è aliena: ma io agogno di vedere il fiore azzurro. Esso mi sta di continuo nel cuore, e ad altro non posso pensare. Mai ancora avevo provato qualcosa di simile: è come se avessi sognato, o piuttosto se mi fossi addormentato in un altro mondo; che in quello in cui ho vissuto fin qui chi si sarebbe preoccupato di fiori, né mai ho sentito prima di così portentose passioni per un fiore. Donde appunto veniva lo straniero? Nessuno di noi ha mai veduto un tale uomo; pure, non so perché soltanto io sia stato così preso dai suoi discorsi; gli altri hanno ascoltato le medesime cose, e a nessuno è capitato alcunché di simile. E non poter neanche parlare del mio stato meraviglioso! Mi sento rapito, e solo quando il fiore non m’è del tutto presente provo un così profondo, intimo impulso: questo nessuno potrebbe capirlo………

 

Il giovane protagonista sogna un fiore blu che lo chiama e assorbe la sua attenzione. Rappresenta il desiderio, l'amore e lo sforzo metafisico di accostarsi all'infinito e all'irraggiungibile.

 

A proposito di romanticismo e di fiore blu, blaue Blume voglio leggervi la poesia di Joseph von Eichendorff, siamo nel 1818 e per qualche motivo, per il colore in primis ma forse anche per questo contrasto tra materiale e immateriale la sento vicina alla ceramica quasi sacra in cui materia e colore sono tutt’uno di Marisa Altepost

 

Cerco il fiore blu, / lo cerco e mai lo trovo, / e sogno che in quel fiore / fiorisce la

mia buona sorte./ Con la mia arpa vago/per paesi, città, campagne / per ritrovare in

qualche luogo / il fiore blu da rimirare./ Vago da molto tempo, / a lungo ho sperato,

fidato, / ma ahimé, in nessun luogo mai / il fiore blu ritrovai.

 

Rainer Maria Rilke, è il poeta che più di altri sollecita una riflessione sull’esordio del blu nella poesia del ‘900. All’inizio per lui l’azzurro rimane un simbolo quasi ovvio e questo si lega alla Blaue Blume trasformata in ornamento alla fine del secolo.

 

Di Rilke ho scelto Ortensia blu perché in qualche modo mi avvicina alle carte ovali con variazioni delicate di passaggi tonali di Loredana Mueller.

 

Così come l’ultimo verde nelle tavolozze dei colori

queste foglie sono vecchie, appiattite e ruvide,

dietro le ombrella dei fiori che non possiedono

un loro blu, ma lo riflettono solo da lontano.

 

Lo riflettono opaco ed impreciso,

come se volessero di nuovo perderlo,

e come nell’antica carta da lettere blu

in loro c’è il giallo, il viola e il grigio;

 

scolorito come un grembiule da bambino

non più portato, a cui non accade più niente:

come si percepisce la brevità di una piccola vita.

 

Ma all’improvviso il blu sembra rinnovarsi

in una delle ombrelle e si vede un blu

commuovente contento dinnanzi al verde.

 

 

Si potrebbe andare avanti ancora molto, di poesie è pieno il mondo e allora ho scelto un ultimo componimento famoso di Novalis Inno alla Notte perché trovo che le opere di Michela Torricelli, di Loredana Selene Ricca, di Dina Moretti e Laura Fumagalli. In particolare i versi ci raccontano di tinte, raggi, flutti e costellazioni e qui sento i Bagliori di Michela, nelle forze terrestri che si tramutano, nel respiro del cosmo vedo le tele di Dina, nel viandante dai passi leggeri vedo i Kilim algerini di Laura Fumagalli e nelle splendide apparenze intravvedo i bozzoli di Selena.

 

Qual mai vivente dotato di sensi

non ama,

sovra tutte le splendide apparenze

dello spazio che intorno gli dilaga,

la Luce giocondissima

con le sue tinte, i raggi, i flutti;

e con la dolce onnipresenza sua,

squillante giorno?

 

Come la piú riposta

anima della Vita,

la respira il cosmo immane

delle insonni costellazioni

che nuotano danzando

in quell’azzurro oceano.

La respira la pietra, che brilla

in sua quiete eterna;

la pianta sensitiva, che risucchia;

il selvaggio focoso animale

d’innumerevoli forme.

Ma, sovra tutti,

il Viandante superbo:

gli occhi ricolmi di sensi profondi;

librati i passi leggieri;

dolcemente socchiuse le labbra

ricche di suoni.

 

Della Natura fulgida sovrana,

tutte costringe le forze terrestri

a trasmutarsi interminabilmente;

annoda e scioglie vincoli infiniti;

ogni creatura avvolge

nel suo divino ammanto.

La sua presenza sola,

svela (stupefacente meraviglia)

i reami del mondo.

 

Pure, io mi volgo altrove:

verso la santa inesprimibile

misteriosa Notte.

 

Non possiamo non concludere questo viaggio sulla poesia e sul blu senza menzionare Goethe e la sua teoria dei colori in cui il poeta auspica che i pittori facciano tesoro dell’azione morale dei colori, da lui rivelata, per rendere le loro opere più vive e palpitanti. Allo stesso tempo auspica che vi sia nell’osservatore una speciale capacità o disponibilità a vedere perché quest’osservazione si trasformi in rivelazione».

 

 

E lo stesso augurio che faccio a voi nel visitare questa mostra.    Natascha Fioretti