Monica nella nostra serata la fotografa in nubiforme...

 

Domenico Vuoto è nato in Calabria ma vive e lavora a Roma da molti anni.

 

Scrive quasi esclusivamente racconti: il “quasi” da intendere come una sua più o meno segreta tentazione rivolta a un altro genere letterario esaltato, ammirato (e sostanzialmente negletto) che è la poesia.

 

È autore di sette libri: Storie innaturali, Il Labirinto 1986; Il libro dei turbamenti, Manni, 2005; Pensieri di passo, Il Labirinto 2010; Variazioni sul noto sentimento, Palomar, 2010; Forme d’ombra, Il Bulino, 2013; Mio nemico, Createspace, 2013; Nessuna direzione, Il Labirinto, 2014.Suoi racconti, saggi e recensioni sono apparsi su riviste come“Paragone”, “Arsenale”, di cui è stato anche redattore, e su vari blog letterari. Altre sue narrazioni sono presenti in libri antologici, come: Confesso che ho bevuto, Derive e approdi, 2004; Bugie, Avagliano, 2004; Poesia e preghiera, Il Labirinto, 2008; Romanesca, Il Labirinto, 2011; Il dormitorio delle operaie, Il Labirinto, 2013.

 

Ha collaborato con artisti come Cesare Tacchi, Giulia Napoleone, Ennio Calabria, Giuseppe Salvatori, Enrico Pulsoni e Andrea Aquilanti.

 

 

 

Sergio Pandolfini  breve storia della stamperia Il Bulino di Roma

 

Fin da ragazzo mi sono interessato al mondo dell’arte, sono figlio di un artista e questo mondo mi ha sempre affascinato. Come tanti ragazzi sognavo di fare l’artista. Sono arrivato a Roma dalla natia Palermo, ho frequentato il liceo artistico e successivamente l’Accademia di Belle Arti in via Ripetta. Già allora avevo, grazie a mio padre, un piccolo studio dove avevo cominciato a dipingere e disegnare ma, dopo qualche esposizione, mi sono appassionato alla tecnica dell’incisione. Con mio padre decidemmo allora di approfondire questa tecnica, comprando un torchio Bendini. Nonostante il nostro fervore, furono parecchi i tentativi prima di avere dei buoni risultati. Non ho avuto un maestro vero e proprio, ma la mia voglia, la mia curiosità e soprattutto i consigli di una cara amica, Adriana Settimi della stamperia Grafica dei Greci e dei suoi collaboratori, mi hanno permesso di ottenere buoni risultati. Era l’inizio degli anni Settanta. Solo con il tempo ho affinato le tecniche raggiungendo risultati professionali. La conoscenza di diversi artisti e la voglia di confrontarmi con loro, mi ha dato poi lo scatto per andare via da casa e costruire quello che, in quel momento, mi sembrava la mia strada. Arriviamo così alla fine degli anni Settanta: ovviamente il mio obiettivo era di mettere in piedi una stamperia. Per un periodo ho lavorato sotto padrone per poter affittare un locale e cominciare a lavorare in proprio. Nel 1979 ho trovato un piccolo locale nel rione Monti, dove abitavo, nel quale ho iniziato a realizzare le prime stampe per molti amici artisti. Questo è stato l’inizio di un cammino che mi ha portato anche ad aprire una galleria, senza mai tralasciare l’attività della stamperia.

 

 

 

 

Domenico Vuoto, Come le nuvole, Edizioni Il Bulino di Roma di Sergio Pandolfini.

 

COME LE NUVOLE con lo scrittore DOMENICO VUOTO, sua la prosa, due ospiti direttamente da Roma che ci onorano portandoci un testo in dialogo con particolari d'immagini di Elvio Chiricozzi, una serata dedicata ALLE NUVOLE ma per interrogarle, e chiederci quanto in comune tra parvenza e forma. Domandarci quali i confini e perché maestre di fusioni,

sorprendenti ed eteree. L' EDITORE ED IL POETA all'unisono a 3 artiste +1 tra parola e visione: Fonticoli, Müller, Torricelli in NUBIFORME e  Chiricozzi per COME LE NUVOLE.

 

COME LE NUVOLE un Prologo, e 18 prose di DOMENICO VUOTO - Affusolata - Le teatranti - Le teatranti (2) - Forse un travestimento - Colleriche - Turbolenta - Le nuvole sanno? - Metamorfica - Corsare - Entropia - Velature - Notturna - Allegria di metamorfosi - Rosata - Zuffe - Sottovalutate - Obnubilate - Coro di nuvole -

 

Tutto raccolto in un edizione che unisce particolari riprodotte di immagini a grafite di Elvio Chiricozzi. Edizione concepita dall'editore Sergio Pandolfini IL BULINO di Roma.

 

 

(traggo qualcosa dal testo di Gabriella Pace )

 

I meteorologi dai primi dell’Ottocento classificano le nuvole, cirri, cumuli, grumi, grappoli, nembi, strati... ne abbiamo parlato anche grazie a Natascha Fioretti, toccando anche Goethe...Domenico Vuoto  solleva lo sguardo e prova a interrogarle, formula domande capitali. e lo cogliamo nel Prologo Costituite da particelle d’acqua condensata e da cristalli di ghiaccio, le nuvole sono sospese nell’atmosfera, sospinte dalle correnti ascensionali. Sono l’indistinto che aspira a divenire forma:  esse sono “individuazioni”, perché hanno risposto all’incompiutezza nella quale traspare l’immagine di una coincidenza possibile tra apparire ed essere. le nuvole “Corsare” evocano i dilemmi e i tumulti esistenziali incerte se unirsi per un rovescio o stemperare i loro umori in uno smisurato sbadiglio celeste,  le nuvole di “Entropia” ad affermarlo, non è degli umani ma delle nuvole l’arte di confondersi tra loro. O con stoica noncuranza, svanire.

 

restando inafferrabili e indifferenti ai nostri affanni.

 

La fragilità del caso che dà vita alle più salde creazioni, il caso si fa destino creativo

 

 Szymborska In confronto alle nuvole la vita sembra solida/ pressoché duratura e quasi eterna..

 

 Domenico Vuoto partecipa, all’intimo dolore del cambiamento, l’incolmabile distanza tra terra e cielo. “Notturna”:Di notte la terra può apparire distante a noi stessi che la abitiamo; il cielo troppo lontano per una definizione. Sospeso tra le due opposte lontananze, lo sguardo si fa vedente, inquieto, febbrile.  Dove confina ...lo Spirito Assoluto che è dietro il fenomeno (Hegel).

 

Le nuvole quindi, osservate in quanto “fenomeni”, si muovono liberamente, non vi è alcuna necessità o predeterminazione in esse.

 

Nel testo di Domenico Vuoto la libertà sostanziale ed effettiva all’idea di destino è rappresenta un’opportunità, un’occasione che libera.

 

Queste nuvole sono il modello supremo della leggerezza, una delle sei qualità che secondo Calvino dovrebbero contraddistinguere la letteratura del nostro millennio.

 

Anche per Ovidio, come già per Lucrezio, la conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo. Così come gli dei, e come gli umani, anche le nuvole, impalpabile materia, si trasformano continuamente, e continuamente si dissolvono.