Rosa Pierno presentazione a Museo Villa dei Cedri, 11 novembre 2017 ore 17

 

I possibili rapporti tra testo e immagine

 

Siamo nel magnifico museo Villa dei Cedri in questa presentazione del gioco svolto su carta tra Giulia Napoleone e Loredana Müller. Già nel 1969, Michel Butor col suo "Les mots dans la peinture" aveva lanciato quest'amo per attrarre la nostra attenzione su un tema che sembrava abbandonato e che ora invece, nel 2017, è particolarmente in ripresa: "Ut pictura poesia”. In passato si diceva che i poeti dipingono con le parole, anche i pittori lo possono fare".

 

Prima d’introdurre il mio punto di vista sulla relazione parola e immagine, voglio sgombrare il campo da inutili zavorre che non contribuiscono a fare chiarezza su tale relazione: le arti sono diverse l’una dall’altra per la “diversità strutturale tra i vari mezzi espressivi” (Gaetano Della Volpe) cosicché è necessario riconoscere la “non-convertibilità o intraducibilità di un genere nell’altro”. Se dunque esse sono diverse, nessuna traduzione è possibile e questo risolve a monte il tentativo di cercare equivalenze.

 

Naturalmente le tesi sostenute da alcuni poeti circa la convertibilità fra le arti sono soltanto ipotesi e, per di più, non verificabili. Ecco la serie di domande a cui vorremmo fornire una risposta: un’arte può nutrire un’altra arte? È possibile tradurre un’immagine in un testo? O meglio, è corretto pensare che ciò sia possibile? Se fosse possibile, verrebbe a cadere proprio l’assunto che non vi sia traducibilità. Invece chiunque tenti di distruggere la materialità dell’opera, la sua reale concretezza e singolarità (quella forma in quella materia) sta in realtà molto più banalmente riferendosi a concetti del tutto aleatori e indefinibili come l’ispirazione e l’immedesimazione, il che è ovviamente altro dal fornire certezze in merito a dei fatti.

 

A questo punto ecco che possiamo affrontare il nostro tema: sul tavolo vi sono nascite che riguardano un comune progetto, scopi condivisi che hanno forgiato prodotti e noi possiamo analizzarli, quasi provare ad aprire la bambola per vedere che cosa c’è dentro.

 

Vogliamo anche precisare che qui utilizzeremo la categoria “libro d’artista” in una formula indeterminata, che riguarda genericamente un libro in cui siano accostati testo e immagine, senza entrare nel ginepraio delle distinzioni storiche e tecniche. E presenteremo pure, durante questa presentazione, due libri d’artista molto diversi tra loro.

 

Il libro d’artista è un'area equilibrata, medium ideale e condiviso terreno per entrambe le categorie di autori: i poeti e gli artisti. È un luogo dove nessuno sembra ospite dell'altro (non è cinema, non è tela, luoghi specifici). Se in questo luogo le parole e l'immagine si fronteggiano, pure, la relazione che si istituisce è ancora esclusivamente visiva: anche il testo diviene figura: prima di essere letto, viene guardato. L'immagine per la vicinanza del testo, dice se stessa, ma anche qualcos'altro, quello che si decifrerà del testo da leggere inevitabilmente ricadrà su di essa. Il testo, a sua volta, diverrà più leggero, aereo, sarà meno incidente all'interno della pagina. E con tutto ciò non cambieranno gli equilibri delle due forme espressive. Ciascuna insostituibile proprio per la sua specificità. Si dovrà leggere il testo, indagare l'immagine e ricominciare. L'occhio non si stacca dalla carta e compie un continuo viaggio tra testo e figura.

 

La cosa ideale è riuscire a realizzare un oggetto nel quale il testo dello scrittore e le immagini dell'artista "reagiscano talmente le une all'altra che la separazione diventi impossibile". Se pure non ci sia alcun obbligo di vedere le due cose come unite e facenti parte di una sola cosa, eppure il testo all'interno della stessa pagina, o meglio, dell'area in cui agisce il disegno, trasforma anche l'immagine e viceversa. Inoltre, intervenire con un testo, in special modo, se esso è scritto a mano, vuol dire per lo scrittore dipingere. Egli, secondo l'esperienza che ne fa lo stesso Butor (dal libro “Le parole nella pittura”, edizioni Se) si avvicina con cautela e grande concentrazione al fine di non alterare l'equilibrio del disegno. "’Lo scrittore dipinge con le parole’, è un'espressione che adoperiamo sempre, la stessa tradizione, Ut pictura poesia, secondo Orazio; vedete che può voler dire due cose diverse. Può essere preso in modo che molto vago o molto preciso a ogni livello. I pittori stessi si sono trovati davanti a questo problema della scrittura".

 

Nel nostro specifico caso, prendiamo in considerazione il libro “L’una e l’altra” nato dal desiderio di entrare in relazione di due artiste, Giulia Napoleone e Loredana Müller, che questa volta, in maniera come dire “inusuale” sono volute partire dalla parola e poi hanno passato il testimone a due poeti. Sia Giulia Napoleone sia Loredana Müller hanno lavorato frequentemente con i poeti. Ma anche Gilberto Isella e Rosa Pierno sono adusi lavorare con l’immagine, facendo nascere le proprie parole dall’incontro col prodotto artistico.

 

In questa sede prestigiosa, il Museo Villa dei Cedri, presentiamo due libri d'artista molto differenti tra di loro. Partiamo dal primo libro “L’una e l’altra” edito da Fiorina edizioni. Tutto nasce da un’idea di Loredana Müller, la quale propone un gioco a Giulia Napoleone: costruire un dialogo inviandosi di volta in volta, rispettivamente, una parola e da quella dar vita a un disegno. Alle pareti del museo vedete i disegni che ne sono nati.

 

La Napoleone porge sempre la prima parola nella serie delle venticinque coppie e predilige temi che si assiepano intorno al paesaggio con strali lanciati verso propaggini astratte ('campo', 'soglia', 'diagonale') formanti una collezione di parole pacate, plananti che dolcemente si estinguono in una regione siderale; mentre la Müller sceglie vocaboli di movimento, spesso puntuti e in ogni caso tendenti al materico, come una curva che tocchi alfine terra ('onda', 'vertice', 'vespro') aventi, dunque, una fisicità scattante e polarizzante.

 

Loredana Müller, dapprima ha obbedito alle regole da lei stessa poste (e ne vedete, accanto a quelli della Napoleone, i disegni esposti sulle pareti del Museo, i quali sono quelli nati inizialmente ) in cui ha cercato non di rappresentare il referente indicato dalle parole, ma di lasciarsi attraversare dalle sensazioni interiori prodotte dalla parola (i colori con la gamma fredda, anziché calda). Poi ha invece voluto sottrarre valore "descrittivo-cognitivo" alla parola per inseguirla nella sua sonorità, avvicinandosi a essa con l'ascolto, assaporando la presenza di vocali e consonanti. Il chiaro e lo scuro, il moto oscillante o seghettato che echeggia sui disegni è stato reso possibile dalla ricerca di nuances ottenuta con l'olio di noce e le terre e gli ossidi raccolti in Valle Morobbia (la Via del Ferro) i quali le hanno consentito di ottenere un impasto ricchissimo in variazioni tonali e che sono stati utilizzati poi per costruire gli acquerelli presenti nei disegni. Con siffatto armamentario le immagini della Muller si snodano lungo la serie come per un impulso interno, testimoniano di un loro eliminabile legame materico con i fonemi, fanno sentire il peso del corpo nella pronuncia, il movimento delle membra nella ricerca dei minerali, il loro dispiegarsi conservando la traccia lineare, parvenza di scrittura.

 

In Giulia Napoleone si rileva la preponderanza dell'azzurro: tono che mitiga la temperatura del reale a favore di un raffreddamento della materia ancora plasmabile, di una trasposizione dal fisico al mentale, finanche, e ancor di più, quando lei accondiscende a utilizzare elementi figurativi nelle sue opere, in accordo a una del tutto apparente adesione alle regole generali del gioco.

 

C'è quasi una simultaneità tra testo e immagine ed essa non è da rilevare in una corrispondenza analogica, del senso figurato rispetto al senso testuale. La Müller cerca di rintracciare una struttura sonora che è prodotta direttamente dalla voce che scandisce le parole. Delle parole, l'artista rileva il suono: e riprodurre visivamente il suono non è più facile che riprodurre il senso scritto. Ma intanto si è prodotta un'ulteriore apertura che ingloba anche la complessità della sfera musicale. I passaggi non esistono, tra le arti, non sono praticabili, ma un affiancamento che ha del prodigioso e che attua un corto circuito, sì! Per il semplice fatto che li si mette a contatto, si produce qualcosa che è un potenziamento. È una sorta di sinestesia che anziché applicarsi all'ambito dei sensi, si realizza tra le forme d'arte.

 

Difficile sarà dimenticare le onde della voce registrate dall'immagine, onde che trapassano nella carta, che compiono un moto perenne, come un sasso che, lanciato che sia nello stagno, non smetta di causare cerchi. Ecco l'effetto del testo: una lunga onda che muove persino il colore, lo attraversa come un ondoso fremito e si distende ai piedi della parola come fosse giunta sulla riva di un nuovo continente. Di questo tipo davvero particolare di esperienza, resta testimonianza diretta il grande pannello sulla parete del Museo.

 

Ma vogliamo ancora presentarvi un altro esempio di libro d’artista realizzato con una splendida carta realizzata a mano dall’artista. I tre libri (ciascuna copia è un originale) presentano disegni a inchiostri di Loredana Müller e un mio testo che si dipana come un nastro rosso legando i segni e le pagine. Questa volta Loredana mi ha mostrato i disegni e io ho scritto il testo lasciandomi guidare dagli elementi visti.

 

Le pagine del libro realizzato presentano ovali che si accampano sull’intera pagina. Sono tracciati da inchiostro e penna e il segno presenta differenti pressioni e larghezze. L’inchiostro vi circola come nera acqua fra immaginati sassi, quasi segue la fibra della carta e ci consegna il nero uscito dagli interiori recessi dell’artista, rivelandoci il suo splendore contro l’opaco biancore del foglio. La linea, liberata dall’asservimento al contorno delle forme, trema, si flette, s’impenna, ha repentini guizzi, in una sola parola s’impone nella sua piena evidenza e autonomia, assumendo valore tutto eidetico. Ma anche psichico, poiché rivela il soggetto che lo esegue, che nel gesto si trasferisce e si trasfonde. E, naturalmente, l’astrazione formale ha un potente movente nel piacere estetico che si prova nel ricercare/ricreare la regolarità, la simmetria, la stabilità delle forme. L’invisibile è così portato alla luce, rinvenuto in sé ed esposto allo sguardo.

 

Ma non stiamo totalmente espungendo il referente naturale da una tale rappresentazione, giacché proprio poc’anzi abbiamo fatto riferimento a una lettura in cui l’osservazione delle forme naturali produce alcune analogie: fratture, selci scheggiate, solchi, cretti. In tal senso si può affermare che la linea spezzata, seghettata, linea nervosa e scattante o ondulata, si può associare sul piano psichico al senso di secchezza, instabilità, morbidezza e flessuosità armonica. La linea sembra essere una forza la cui azione è simile alla forza di tutte le forze naturali. Linee che, nel caso del disegno di Loredana Müller, si muovono scheggiate e solidali, irruente e ordinate secondo una direzione e un’intensità, ma si presentano anche racchiuse in un ovale che è inizio e fine, portanza massima del flusso e sua riduzione.

 

In conclusione, vorrei dire che credo sia molto più interessante un libro in cui testo e immagine abbiano una qualche relazione, che cioè, almeno una delle due attività, il disegno o la scrittura, nascano dall’altra forma espressiva. In questo modo è come se si tirassero le fila, non di ciò che è comune, ma di ciò che ha scaturigine in un medesimo oggetto. In tal caso, la visione di un ovale formato da segni fluenti mi ha indotta a scrivere su questo tema e quel che se ne trae a mio avviso, è proprio la radicale differenza esistente intorno a questo soggetto: l’ovale affrontato da una parte dalla scrittura e dall’altra dal disegno. Perché qualsiasi sia il legame tra arti visive e scrittura, che l’una generi dall’altra o che ciascuna segua il proprio tema, quel che mai scompare è proprio la loro radicale differenza. Si dicono cose diverse e sono diverse perché un’arte si esprime col linguaggio, un’altra con immagini.