Comunicato stampa:

Si inaugura l'esposizione il 22 gennaio 2024 alle ore 19

al centro culturale di Camorino areapangeart fino al 26 marzo

 

" GEOLOGIA DEL TEMPIO"

Scultura tra inchiostro e pittura.

 

Anne-France Aguet

Loredana Müller

Petra Weiss

 

presenta: Cecilia Liveriero Lavelli

testo in sala: Vincenzo Guarracino

suoni in sala: Claudio Farinone

a cura di Loredana Müller

 

Un'esposizione è anche una riflessione, avviene in areapangeart, centro culturale del villaggio di Camorino che ormai è luogo e non luogo della città di Bellinzona.

Allestita una mostra colma di spazio e silenzio tra le opere. Le cinque sculture di buon formato, in marmo di Anne-France Aguet , in dialogo con una tela "segnica e spiraliforme" ad inchiostro di Loredana Müller. Che in dialogo con Petra Weiss espone una tela dipinta con variazioni cromatiche, variazioni tra sedimentazioni d'acqua, avvicinando le cinque stele di Petra Weiss nella sala di areapangeart, sue ultime concezioni di grande respiro, tra scultura e ambiente, presentate in legno dipinto in sala, ma potrebbero essere anche di metallo smaltato. Opere in pietra, in legno e inchiostro e quel colore tono/tocco nelle variazioni della Müller, tono e complementarietà ricercatissime per Weiss. Un allestimento che tenta una particolare "orditura" d'intenzioni, tra concreta presenza nello spazio delle sculture e quello "s-profondo" tra ritmo, segno e colore. Come una danza partecipativa sulla "creaturalità".

 

Il testo in sala di Vincenzo Guarracino, ci introduce alla riflessione messa in atto dalle tre artiste:

"Geologia del Tempio fonda uno spazio di attenzione dove ciò che conta, più che l’oggetto, l’”opera”, è essenzialmente il come: tra chi opera e chi guarda, a imporsi è, infatti, la prospettiva, la coscienza della “creaturalità” e al tempo stesso della indeterminatezza di oggetto e soggetto della visione, confinati entrambi come sono in una sostanziale assenza di realtà, in una eterotopia, narrazione cioè che non coincide sia con ciò che appare sia con l’io dell’autore e dove forse tutto si verifica in un domani o in un’altra dimensione, fuori da uno spazio e da un tempo determinati e concreti."

E sempre Guarracino sottile conoscitore dell'etimologie e delle lingue antiche:

"... i due termini del sintagma giocano ambiguamente in un bilico, il primo (geologia) tra affermazione e al tempo stesso sconfessione della serietà dei propri statuti di scienza, il secondo (tempio) tra definizione e contemporaneamente negazione di una Realtà sospesa tra soggettività e oggettività. "

Come incipit usa un esclamazione di Loredana " “Non è il caso che ci fa cogliere il filo, unire gli accadimenti e le persone, come perle con propria luce e aura”

Certo si coglie la sottile ma ampia riflession: è...Come a dire che, al di là di ogni ragionevolezza lessicale, paradossalmente la Geologia, intesa come scienza che studia processi fisico-chimici che plasmano e trasformano nel tempo la Terra, nell’incontro con l’arte, dimostra la propria inadeguatezza e si arrende, incapace di descrivere un luogo che non è un luogo specifico e concreto, un “luogo” che sfugge a leggi e determinazioni sue proprie, un “non-luogo”, insomma, una dimensione onirica e ultraista, autonoma, confinando ciò che determina, oggettivamente o soggettivamente, nello spazio dell’eliminazione sistematica di ogni sentimentalismo: ponendolo in una luce diversa, scultura-disegno-quadro che sia, come nuovo oggetto, distinto da tutto il resto, senza altra referenzialità che la sua nuda essenza di pietra-colore-segno, vivificati dal gesto di Anne-France, di Loredana e di Petra.

Areapangeart, per generare un approfondimento; prevede tre serate, di lunedì, sempre alle ore 19:

Lunedì 12 febbraio: Con un documentario di Werner Weick. RSI 1999-Kapila Vatsyayan " La memoria dell'India"

Lunedì 4 marzo: La presentazione di due libri : Il 1° "Terramar"di Petra Weiss

 2° "Micelio.Radici " edizione areapangeart incisione  di Loredana Müller e testo di Alessandro Margnetti.

Lunedì 25 marzo: Concerto per chitarra sola "Preludi del mare" di Claudio Farinone

 

www.areapangeart.ch ai Casgnò 11/a 6528 Camorino 0763380967 loredanamuller@bluewin.ch

 

GEOLOGIA DEL TEMPIO VINCENZO GUARRACINO

 

 

Non è il caso che ci fa cogliere il filo, unire gli accadimenti

e le persone, come perle con propria luce e aura”

Lore

Geologia del Tempio fonda uno spazio di attenzione dove ciò che conta, più che l’oggetto, l’”opera”, è essenzialmente il come: tra chi opera e chi guarda, a imporsi è, infatti, la prospettiva, la coscienza della “creaturalità” e al tempo stesso della indeterminatezza di oggetto e soggetto della visione, confinati entrambi come sono in una sostanziale assenza di realtà, in una eterotopia, narrazione cioè che non coincide sia con ciò che appare sia con l’io dell’autore e dove forse tutto si verifica in un domani o in un’altra dimensione, fuori da uno spazio e da un tempo determinati e concreti.

In altre parole, i due termini del sintagma giocano ambiguamente in un bilico, il primo (geologia) tra affermazione e al tempo stesso sconfessione della serietà dei propri statuti di scienza, il secondo (tempio) tra definizione e contemporaneamente negazione di una Realtà sospesa tra soggettività e oggettività.

Come dire che, al di là di ogni ragionevolezza lessicale, paradossalmente la Geologia, intesa come scienza che studia processi fisico chimici che plasmano e trasformano nel tempo la Terra, nell’incontro con l’arte, dimostra la propria inadeguatezza e si arrende, incapace di descrivere un luogo che non è un luogo specifico e concreto, un “luogo” che sfugge a leggi e determinazioni sue proprie, un “non-luogo”, insomma, una dimensione onirica e ultraista, autonoma, confinando ciò che determina, oggettivamente o soggettivamente, nello spazio dell’eliminazione sistematica di ogni sentimentalismo: ponendolo in una luce diversa, scultura-disegno-quadro che sia, come nuovo oggetto, distinto da tutto il resto, senza altra referenzialità che la sua nuda essenza di pietra-colore-segno, vivificati dal gesto di Anne-France, di Loredana e di Petra.

Al di là di ogni altra connotazione, infatti, il significante Tempio (dal latino templum, derivato dal greco temno) chiama etimologicamente in causa “ciò che viene separato, diviso”: ciò che nel rito, è stato destinato ad altro da un aruspice ispirato intento a disegnare con gesti precisi e luminosi il suo cielo e il suo spazio, un templum dove tutto è possibile, dove il Tempo si scrive come misura dell’essere e al tempo stesso come dimensione in cui pensiero intuitivo e realtà, coscienza e fenomeno, s’incontrano e fioriscono nella calligrafia di un destino di miracolosa armonia. Tutto questo a patto che ci sia un punto fisso, perno: un cardo, un centro, la linea che congiunge la Terra con il Cielo, l’Alto e il Basso. Non è senza significato che Cardo derivi dalla radice indo-europea “Kerd, Krd”, da cui si origina il vocabolo greco “Kardia”, che significa cuore, il centro vitale, per gli antichi la sede dell’Anima, il luogo di trasparenza fra l’umano e il divino, il Tempio interiore, da dove la mente governa la materia, il “mundus” delle cose effimere.

Metafora di un’eterotopia, dunque, di un Luogo-non-luogo, sospeso tra Sacralità e Laicità, costituisce una dimensione, un umbilicus, che è raffigurazione concreta e al tempo stesso retorica, Forma e Linguaggio, nell’incrocio tra rigore e indeterminazione, tra immobilità e arcaismo del portale e vibrazione luminosa del rosone che lo sormonta, in un gioco ossimorico molto intrigante, dove la visione abita il silenzio con colori, forme e suoni.

 

Attestati su un limes-limen, su un confine e una soglia, intesa come la pietra su cui si

 

entra o si esce di casa, tra ciò che potrebbe essere e ciò che è già stato, tra ciò che può

 

forse trionfalmente ancora avvenire e ciò che è perduto e sfuggito per sempre, apre

 

sull’infinito ma sta con i piedi sull’orlo di un ”abisso orrido immenso”, in ogni caso

 

richiede un atto di fede assoluta, senza giustificazioni e spiegazioni: luogo della prova

 

e della conquista di sé, luogo dove Orfeo può attardarsi a ripensare ai passi perduti,

 

alla sua Euridice, ma anche avanzare impavidamente alla celebrazione della sua

 

vittoria. Solo dopo, per espiare la colpa della sua incredulità, potrà affrontare con gli

 

Argonauti il viaggio verso la Colchide e in virtù del suo canto contribuire alla loro

 

impresa: conquistare assieme a loro il Vello d’Oro, così come può fare chiunque

 

quella soglia sa attraversarla senza timore di profanarne la santità.